lunedì 2 aprile 2012

Nuovo museo di Italo Rota. La posizione di Graziano Pompili da La Gazzetta di Reggio.

Funghi ai Musei polemica rovente

Lo scultore Graziano Pompili attacca le scelte «spettacolari» «Ci sono altri luoghi nati appositamente per attirare le folle»
di Chiara Cabassa REGGIO. «Il Museo non deve attirare le masse, ci sono altri luoghi nati con questa finalità».
Graziano Pompili, scultore noto in Italia e all’estero per le numerose mostre personali allestite in gallerie blasonate oltre che per le tante opere di grandi dimensioni realizzate per spazi pubblici e privati, si divide tra Montecchio e Carrara dove ha uno studio per la lavorazione di marmi e graniti. Ma non perde mai di vista “la Reggio che cambia”. E se ai tempi della polemica sulla fontana davanti al Valli si schierò senza imbarazzi per il nuovo progetto e per i dibattutissimi zampilli, oggi ammette di non digerire i funghi di Rota. E, più in generale, l’idea di un museo «spettacolare».
Lei è uno dei 45 firmatari delle lettere e degli interventi attraverso i quali viene chiesto un confronto sui Musei? Perché questa adesione?
«Sono profondamente convinto che non c’è alcun bisogno di trasformare i nostri Musei in un polo d’attrazione per le folle. Pensiamo agli outlet che si sono inventati architetture rinascimentali per dare un tocco “storico” a dei contenitori di moda, ovvero di contemporaneità. E poi pensiamo ai Musei che rischiano di fare la stessa cosa dimenticando di essere dei contenitori sì, ma di storia e di memoria. Allora perché non ci inventiamo per i Musei una bella facciata romana e trasformiamo chi ci lavora dentro in centurioni romani?».
I Musei reggiani vanno bene così come sono?
«Ovunque vada, uno dei primi posti che visito è il museo. E posso affermare, senza il timore di essere smentito, che i Musei di Reggio sono tra i più completi e possono contare su specifiche sezioni uniche a livello nazionale. Dalla parte più antica con le raccolte di Lazzaro Spallanzani alle collezioni del Chierici che sono sopravvissute agli atti vandalici di tanti direttori. E ancora la sala degli animali arricchita dal contributo di tanti privati a partire dal Barone Franchetti e poi la Reggio storica allestita negli anni Novanta dall’allora direttore Ambrosetti con la collaborazione dell’artista Oscar Accorsi. E’ chiaro che se metti una balena dentro una piscina, trasformi il Museo in un luna park. Ma i luna park esistomo già».
La balena nella piscina?
«Sì, mi riferisco a un’altra delle idee di Rota... praticamente si prevede di collocare una balena sotto una cupola di vetro piena d’acqua dove si vedono, immagino dipinti, altri pesci. Per creare un effetto estraniante. Ma non serve, perché chi entra nei Musei reggiani può scegliere davvero tra sezioni talmente complete da rappresentare dei musei dentro al museo. Perché allora inventare qualcosa di diverso? E non parlo di soldi, investimenti, sprechi. Dal mio punto di vista si tratta di una questione puramente etica e culturale».
I Musei reggiani, quindi, sono intoccabili?
«Dico semplicemente che i nostri Musei sono completi in quanto a contenuti. Se poi vogliamo cambiare l’ingresso in modo che possa ospitare un book shop e un bar, va bene, ma non è la priorità».
Ma questi funghi sono così brutti?
«L’estetica in questo caso non mi interessa. Mi scandalizza piuttosto che gli amministratori, politici al servizio dei cittadini, non si diano la briga di confrontarsi prima di prendere delle decisioni importanti come la trasformazione di un museo. Con chi si sono consultati? Perché la scelta è caduta proprio su Italo Rota?».
Forse perché è un nome noto e ha già avuto a che fare con i Musei reggiani...
«Non voglio contestare per partito preso Italo Rota. L’allestimento fatto l’anno scorso ai musei in occasione di Fotografia Europea era stato molto interessante. Così come originali sono stati tanti suoi allestimenti temporanei... ma non si può essere contemporaneamente artisti, scenografi, architetti e chissà cos’altro ancora. Il fatto è che gli interventi previsti per i nostri Musei saranno “per sempre”. E questo fa la differenza».
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01 marzo 2012