"I funghi? Una copia fiacca e pedestre" / VOTA
Enrico Maria Davoli, docente all'Accademia di Bologna, stronca la proposta: "Gli allestimenti di Rota sono l'ABC del già visto"
REGGIO
«E non si dica che Rota ha citato Lloyd Wright. Semplicemente lo ha copiato, anzi saccheggiato». Enrico Maria Davoli, docente di storia della decorazione all’Accademia di Belle Arti di Bologna oltre a essere tra i 45 firmatari delle lettere con le quali si chiede di discutere il progetto dei nuovi Musei, entra così nel merito dell’originalità artistica dei funghi di Rota difesa a spada tratta dall’assessore Spadoni.
L’assessore Mimmo Spadoni parlava a proposito dei funghi di una cifra stilistica che appartiene a Rota come il chiaroscuro ha caratterizzato l’opera del Caravaggio...
«Un loro archetipo - spiega Enrico Maria Davoli - potrebbero essere le colonne in stile organico ideate da Frank Lloyd Wright per uno dei suoi capolavori, l’edificio Johnson Wax (1936-39) di Racine, Winsconsin. Qui forse, ma non oltre, si potrebbe spendere l’aggettivo “originale”. Quella di Rota non è una citazione. E semmai una copia fiacca e pedestre, di cui un bravo studente del “Secchi” o del “Chierici” non andrebbe fiero».
Rota afferma chè è sul versante artistico-ludico-percettivo che che si gioca oggi il destino dell’architettura.
«Il fatto di avere un Museo con diverse sezioni nelle quali sia compresa anche la contemporaneità, non è in sè un fatto negativo. Il problema è che a Reggio avremo da un lato il Museo come lo vediamo ora e dall’altro delle installazioni d’arte contemporanee che vorrebbero fare da insegna pubblicitaria al Museo già esistente ma collocandosi su un altro piano. Installazioni peraltro permanenti».
Entrando nel merito, che ne pensa degli allestimenti interni proposti da Rota?
«Per quello che ho potuto capire dal video della lectio magistralis in cui Rota sintetizza le sue proposte per i Civici Musei, ci troveremo di fronte ad acquari e luminiscenze, parti di corpi umani, cavità oscure, clonazioni, ibridi, strumentazioni mediche esposte come oggetti arcani, il tutto vagamente e possibilmente funereo. E’ l’Abc dell’arte contemporanea degli ultimi 25 anni: dal Post-Human alla nuova Body Art di Franko B, Stelarc e neominimalismo lisci, asettici e ipertecnologici, di cui traboccano i musei d’arte contemporanea in ogni angolo del mondo».
L’architetto chiamato a disegnare i nuovi Musei reggiani ha affermato che vero segno identitario di Reggio sono i ponti di Calatrava...
«Qui non è il giudizio in sè che conta, ma le conseguenze che Rota ne trae: “Non possiamo - ha affermato - vendere a un tunisino il nostro passato ma solo il nostro presente e il nostro futuro”. Anche ammesso che le cose stiano così, sorge una domanda: fino a quando i ponti di Calatrava apparterranno al presente, e quando scadranno anch’essi nel passato? Quel che è certo è che se dovesse passare l’idea che la città sia qualcosa di simile a un guardaroba pieno di abiti alla moda, allora il “presente” coinciderà con l’ultimo acquisto fatto in boutique, mentre il penultimo sarà già “passato”. Passato di moda, apunto».
Rota si fa quindi portavoce dell’architettura e dell’urbanistica pret-à-porter: cosa obiettare?
«Trovo che l’architettura e l’urbanistica pret-à-porter siano il vero provincialismo di cui il nostro paese, un paese fatto da sempre di province, dovrebbe liberarsi. Anche verificando che le credenziali degli artisti-creatori-innovatori siano all’altezza ed in tema con
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