sabato 25 febbraio 2012

Nuovo museo di Italo Rota. La posizione del sindaco Delrio

Da "Il Resto del Carlino"

Musei civici, Delrio: "Pronti a riprendere il confronto"

Il sindaco risponde alla lettera aperta di un gruppo di intellettuali sul futuro assetto della struttura
I nuovi Musei civici
I nuovi Musei civici

Reggio Emilia, 20 febbraio 2012 - Il nuovo aspetto che andranno ad assumere i Musei Civici non piace a tutti. Un gruppo di intellettuali ha scritto una lettera aperta, contestando i cambiamenti, che "non sono stati discussi con la città". In particolare, i firmatari della lettera chiedono che "Il sindaco riveda il progetto di Italo Rota". Ecco la risposta del sindaco Graziano Delrio:
"Sono contento che un gruppo di cittadini reggiani senta il bisogno di intervenire sul progetto di riqualificazione dei Musei Civici. Interpreto questa iniziativa come un atto di amore verso la nostra città e verso ciò che rappresentano i nostri Musei da sempre. In tutte le città, di fronte ai cambiamenti, emergono a volte reazioni e paure a volte giustificate, a volte no. E’ successo a Reggio Emilia con la riqualificazione delle piazze della città storica: ora però le piazze sono frequentate da persone, non più piene di auto.

E’ successo con la fontana del teatro Valli: ora è piena di bambini e, data la sua bellezza, ricca di spettatori.
E’ successo con la Cattedrale: dopo l’adeguamento liturgico, appare più accogliente e significativa per i fedeli.
Allora parliamo – nel merito - del concept progettuale dell’architetto Italo Rota, che nel 2010, in un’anteprima nell’ambito di Fotografia Europea, l’installazione “L’amore ci dividerà – Prove generali di un Museo”, ha suscitato la curiosità e raccolto il favore di migliaia di visitatori. Il riallestimento dei Musei Civici ci pone, come abbiamo già detto in quell’occasione del 2010, una domanda: cosa lasciamo e cosa portiamo con noi nel futuro che ci attende; ovvero cosa vogliamo valorizzare dell’arte, della scienza, dei costumi, della letteratura, per il nostro futuro? Un futuro che ci interessa, perché ci passeremo il resto della vita. L’obiettivo è creare musei attrattivi per la città, per ogni fascia di età, valorizzando il patrimonio straordinario che questo edificio contiene nei diversi ambiti della scienza, della cultura e della storia.

I Musei reggiani hanno bisogno prima di tutto di questo: avvicinare di più le persone e avvicinarsi di più alla città.
La scelta è coerente con la nostra politica: partire da quel che c’è di importante ed eccellente in città – e c’è tanto di importante ed eccellente – per aprirci al futuro. Se da una parte è irrinunciabile conservare, dall’altra è irrinunciabile aprirsi a nuovi linguaggi, innovare per creare nuove opportunità per tutti. Lo diciamo, pensando a Renzo Bonazzi, dopo aver ricordato in questi giorni la sua azione culturale.
La proposta di Italo Rota – a cui abbiamo lavorato con gli assessori Mimmo Spadoni e Giovanni Catellani e con i tecnici del Comune – trova nel coinvolgimento dei cittadini una ragion d’essere e un continuo arricchimento, sulla base di indicazioni progettuali delineate. Dalla lettera sulla stampa odierna, viene un’ulteriore sollecitazione al confronto: è una sollecitazione che accolgo molto volentieri. Un confronto tra il progetto di Rota e la città ci sta bene e ci sarà.
Vale la pena ricordare che il progetto di ampliamento dei Musei Civici, che interessa parti del complesso di palazzo San Francesco oggi non fruibili, è un progetto strategico di rafforzamento del sistema degli spazi pubblici (e i focus della cultura e delle relazioni accoglienti sono cruciali per noi) del centro storico. E’ un progetto, autorizzato dalla Sovrintendenza, inserito pienamente nel contesto degli interventi realizzati in questi anni attraverso il Pru del centro storico, che gode di un apporto di risorse pubbliche, già finanziate da tempo, e di risorse private considerevoli. Già finanziate e quindi non incidenti sull’attuale congiuntura, ma bloccate da tempo – quelle pubbliche – dal Patto di stabilità.

Qualche tempo fa, il tema del progetto era stato discusso, l’Amministrazione comunale aveva avuto modo di incontrare una delegazione, che si era fatta portatrice di critiche e sollecitazioni. Sono positivi interesse e partecipazione al dibattito culturale della città. Ci siamo resi disponibili a presentazioni del progetto, che servissero prima di tutto a capire. Causa i tempi, che si sono allungati per la procedura amministrativa, quei contatti hanno avuto una pausa. I tempi ora paiono maturi per riprendere il percorso sospeso, e siamo pronti a riprenderlo. Il confronto però, per essere produttivo, credo debba abbandonare logiche di pura conservazione o di innovazione fine a se stessa, per mettere al centro il sapere, la conoscenza, cioè la città delle persone".

Nuovo museo: Italo Rota dal Resto del Carlino 23-02-2012

"Palazzo anonimo in una città anonima: l'oggetto chiave? Una balena asfaltata"

Le sfide della cultura

Ecco come Rota ha spiegato il progetto dei musei in una conferenza

Italo Rota
Italo Rota

Reggio Emilia, 23 febbraio 2012 - «Sono intervenuto in un palazzo anonimo in una città anonima». «Reggio Emilia è una città in cui ci sono più maiali e mucche che umani». Due passaggi, scissi dal proprio contesto, di una conferenza nella quale Italo Rota illustra ad una indefinita platea il suo progetto dei Musei Civici di Reggio insieme a un altro suo intervento sul lungomare di Palermo. Il tutto è liberamente consultabile online e si trova in calce ad una intervista realizzata a Rota il 6 luglio 2010. L’architetto, pur contattato, non si è reso disponibile.

«È un progetto di un museo estremamente sofisticato — dichiara l’architetto —, una collezione scientifica perversa. Molti mostri, molti gemini, storie di ogni genere». Ci sono «veri e propri capolavori dell’arte oceanica e africana confrontati con un raccolta di pittura locale di croste. Un tema straordinario: ci sono tre sculture dell’Isola di Pasqua, capolavori assoluti che non ha nemmeno il British Museum, ma i quadri... delle croste».
La fauna reggiana. «L’altro tema era il rapporto di queste collezioni con l’ambiente. Penso che oggi tutte le cose che stiamo facendo debbano porre un tema fondamentale: come noi ci arricchiamo per sottoscrivere il nuovo contratto con la natura. Ovviamente Reggio Emilia sta nella pianura, circondata da un ambiente quasi anonimo, quasi in assenza di animali, però i più grandi numeri di abitanti sono i maiali e le mucche, in numero superiore agli umani. Un fatto abbastanza raro».

Rota, il collega Calatrava e il tunisino. «Abbiamo però un elemento di contemporaneità straordinario. I tre grandi ponti di Calatrava che hanno posto un grosso problema alla cittadinanza ma hanno dato una consapevolezza identitaria. Senza pezzi contemporanei di grande qualità non scattano i nuovi processi identitari. Non possiamo vendere a un tunisino il nostro passato. Possiamo solo condividere con lui presente e futuro». Nel corso della conferenza, utile anche perché Rota descrive con precisione il futuro allestimento delle sale, l’architetto si sofferma anche sulla Balena Valentina. «Abbiamo alcuni oggetti feticci, il primo è una grande balena, del 1600. Il materiale per conservarla era l’asfalto, e quindi l’ingresso e tutto un piano è realizzato in asfalto. Ma l’oggetto chiave è la balena. Asfaltata».
Il processo decisionale: «Come avviene che un Comune decide di fare questo? Con una procedura democratica. Se questa cosa interessa si fa. Come avviene? Chiamano uno come me che fa un concept, prepara dei documenti comunicabili per le persone e si fanno tante riunioni nei quartieri dove si discute questa cosa. La cosa interessante è che alla gente interessa». Il video della conferenza è utilissimo per comprendere la visione retrostante la futura sistemazione dei Musei Civici. «Il massimo che possiamo sperare in un museo — afferma Rota — è che una volta che ci mostra la collezione in un certo modo faccia scattare nel visitatore un processo di conoscenza» in base al quale «vedrà tutto quello che ha visto prima in modo molto diverso».

Nuovo museo di Italo Rota. Da IL RESTO DEL CARLINO

«Musei Civici, spettacolarità a caro prezzo. Sindaco, riveda il progetto di Italo Rota»

Le nuove oper

Lettera di un gruppo di intellettuali: cambiamenti non discussi con la città
L'architetto Italo Rota (Newpress)
L'architetto Italo Rota (Newpress)

Reggio Emilia, 20 febbraio 2012 - ANDIAMOCI piano col museo-spettacolo. Un gruppo di intellettuali reggiani - docenti universitari, architetti, studiosi e appassionati d’arte, professori in particolare dei licei Ariosto e Spallanzani - ha scritto una lettera al sindaco sollevando dubbi molto forti sul futuro aspetto dei Musei Civici. Il complesso museale ospitato nell’ex convento di San Francesco verrà ristrutturato sulla base di un progetto fantasmagorico dell’architetto Italo Rota, che prevede - fra l’altro - la collocazione di una serie di alti funghi di acciaio specchiante davanti a quello che sarà il futuro nuovo ingresso, all’angolo rientrante tra la piazza e via Secchi. Sulle due facciate sono previste due giardini verticali, che fanno venire alla mente quelli di Patrick Blanc al museo Quai Branly di Parigi. Costosi nella manutenzione, avverte la lettera.

IL GRUPPO di intellettuali pone alcuni argomentati interrogativi, prendendo spunto da un articolo del direttore dei Musei Elisabetta Farioli, uscito su «Taccuini d’arte»: «Che obiettivi si propone il riallestimento di alcune sale, così come illustrato dalle immagini fino ad ora rese disponibili? Quale valore aggiunge al museo e quali costi comporta per la comunità (si parla di oltre 4 milioni di euro)? quanto ci si è confrontati con i fruitori del museo, che dovrebbero essere gli inerlocutori privilegiati di eventuali azioni di modernizzazione dello stesso? E ancora quando e quanto il progetto è stato condiviso con la cittadinanza?» E’ vero, scrivono i firmatari della lettera, che - cone ricorda la direttrice Farioli nel suo articolo - il museo è un’«eredità vivente», ma in che direzione va - nel caso specifico dei Musei Civici - un approccio che parta «dall’oggi, dai problemi della contemporaneità» leggendo nelle testimonianze del passato «possibili stimoli a una lettura del presente in vista di future possibili visioni del mondo» (parole della Farioli)?
C’E’ POI L’ASPETTO delle competenze, che per i mittenti della lettera al sindaco devono essere ben delineate e non confuse (su questo il progetto Rota avrebbe «benefici fumosi»), specie in un museo che non viene creato ex novo ma ha una lunga storia. E l’aspetto economico, se - come pare in questo caso - si investono cifre consistenti «in operazioni che - anche al di là dei giudizi di valore - costituiscono una sorta di maquillage esteriore».

Nuovo museo di Italo Rota: la "lettera dei 30 intellettuali"

Musei civici Reggio, no al museo-spettacolo


di docenti, critici d'arte e artisti

Dopo anni di annunci sporadici su giornali o televisioni locali in mancanza fino ad ora di una chiara e organica presentazione alla città, finalmente un articolo di Elisabetta Farioli, direttrice dei musei civici (“Taccuini d’arte”, 5), illustra pensiero e forme del progetto di Italo Rota per il “nuovo” Museo di Palazzo S. Francesco. Per la verità anche in questo caso non si entra tanto nel dettaglio, ma si coglie bene lo spirito dell’intervento.

Il testo è inoltre corredato da immagini che descrivono l’aspetto di alcuni ambienti e che si possono integrare con i rendering presenti anche sul sito web dell’architetto. Alcuni di essi - come quello in cui una moquette (?) con giungla, scimpanzé ed elefantino corre lungo il corridoio in cui è disposta la collezione settecentesca di Lazzaro Spallanzani - sollevano dubbi circa le finalità, ma anche la sostanza, dei lavori previsti.

Che obiettivi si propone il riallestimento di alcune sale, così come illustrato dalle immagini fino ad ora rese disponibili?. Quale valore aggiunge al museo e quali costi comporta per la comunità (si parla di oltre 4 milioni di euro)? Quanto ci si è confrontati con i fruitori del museo, che dovrebbero essere gli interlocutori privilegiati di eventuali azioni di modernizzazione dello stesso? E ancora quando e quanto il progetto è stato condiviso con la cittadinanza?

Tutti siamo d’accordo sul concetto di patrimonio storico-artistico e di museo come “eredità vivente” (citando l’articolo di Farioli), ma occorre poi vedere come concretamente vengono declinate idee pur condivisibili in astratto. Chi può non applaudire l’idea di un “approccio che parte dall’oggi, dai problemi della contemporaneità e intende leggere nelle testimonianze del passato possibili stimoli a una lettura del presente in vista di future possibili visioni del mondo” (Farioli)? Sono frasi ottime per qualsivoglia allestimento, che solo rinnovi un po’ le cose. Il punto è: in quale direzione?.

Soluzioni come quella appena citata sono in realtà emergenze di una visione che l’architetto applica anche in altri ambienti, quella cioè di un museo-spettacolo. Idea ben comprensibile dove si stia progettando un museo nuovo, da applicare invece con cautela dove un’istituzione esiste già; un’istituzione storica, nata nell’Ottocento grazie all’impegno di più studiosi, alcuni dei quali di risonanza internazionale, come Gaetano Chierici. Alquanto fumosi risultano poi i benefici che dovrebbero derivare dal progetto Rota, laddove si legge che esso “tocca anche da vicino il tema dei confini, sempre più incerti, tra il ruolo dell’architetto e il ruolo del direttore o responsabile del museo, in una visione nuova in cui l’ambito della museografia e quello della museologia tendono a confondersi, o meglio a presupporsi a vicenda, in una sempre più avvertita esigenza della molteplicità di competenze necessarie alla vita di una moderna istituzione museale e del complesso quadro di relazioni che ne presiede la conduzione” (Farioli).

In realtà, nel dibattito museografico e museologico attuale - quello più serio ed aggiornato perlomeno - la preoccupazione cui Farioli si riferisce va di pari passo con l'individuazione e la distinzione, il più possibile chiare e rigorose, dei ruoli e delle competenze tra coloro che a vario titolo “fanno” il museo, tanto più se questo, come nel nostro caso, non viene creato ex novo, ma ha una lunga storia alle spalle. In altre parole: una cosa è aderire a concetti quali interdisciplinarietà, collegialità, reciprocità. Tutt'altra cosa è far passare l'idea, arbitraria e ingiustificata, che la sovrapposizione e addirittura la confusione tra competenze professionali diverse - fortunatamente diverse, aggiungiamo noi - siano il prezzo da pagare al rinnovamento del museo, anzi, alla sopravvivenza dell'idea stessa di museo.

A queste considerazioni - e a questo punto si tocca inevitabilmente il tema dei tagli - si deve infine aggiungere una doverosa riflessione sull’attuale congiuntura economica. È più che giusto investire in cultura e quindi anche nel museo, ma, in un momento come questo in cui anche a Reggio Emilia si acuiscono i segni della crisi, ci chiediamo se sia opportuno investire cifre consistenti in operazioni che - anche al di là dei giudizi di valore - costituiscono una sorta di maquillage esteriore.

Per farsi un’idea di quanto viene proposto, basterà soffermarsi con attenzione sul rendering che ritrae l’esterno del museo (visibile anche nei totem che illustrano gli interventi del Comune). Esso prevede un ingresso con giardino verticale (operazione già vista e con alti costi di manutenzione) e “alte strutture di acciaio specchiante che riflettono immagini tratte dai materiali dei musei”. Va fatto notare che questi “funghi” verticali sono già stati realizzati nel 2007 da Rota nella sua sistemazione della chiesa di Sant'Elena a Palermo. Non ci sembra che il complesso di San Francesco e i civici musei meritino copia-incolla come questi. Ma anche ammesso che si tratti del modo migliore per prolungare nel presente la “vitalità eterna del passato” (Farioli), ci domandiamo se questo sia il momento giusto per farlo, riducendo i finanziamenti ad altri aspetti della vita culturale della città.
La preghiamo allora, signor Sindaco, di prendere in considerazione le molte perplessità che il progetto suscita in chi è interessato a esso come cittadino, come semplice fruitore, come studioso, e di riconsiderare complessivamente le scelte compiute finora. La forma e il ruolo del museo civico vanno rinnovati, ma è di un museo-spettacolo che ha bisogno la città? O, piuttosto, di conoscere e comprendere la propria storia anche recente nel suo depositarsi nelle cose e nelle immagini? I musei reggiani oggi lasciano scoperto quasi per intero il secolo scorso. Non è forse ora di pensare a una sezione del museo capace di presentare un quadro organico del Novecento nella nostra città, nei personaggi, nella topografia, negli avvenimenti, nelle manifatture, nei mutamenti culturali?.

Marco Belpoliti
Alfredo Gianolio
Ivan Levrini
Mauro Cremaschi
docenti, artisti e critici d'arte reggiani

giovedì 23 febbraio 2012

Da Taccuini d'Arte 5 inizia un dibattito sul nuovo museo di Italo Rota






In seguito alla pubblicazione dell'articolo di Elisabetta Farioli, direttore dei Musei Civici di Reggio Emilia, è nato un dibattito sul nuovo museo, con una lettera aperta diffusa sui principali quotidiani locali, dove trenta intellettuali reggiani hanno manifestato le loro perplessità.
In particolare, si fa proprio riferimento alla rivista "Taccuini d'Arte 5" dove è stato pubblicato l'articolo di Elisabetta Farioli.
Ci auguriamo possa nascere un costruttivo dibattito.

A Regola d'Arte: la presentazione del 29 gennaio