lunedì 31 dicembre 2012
lunedì 24 dicembre 2012
mercoledì 19 dicembre 2012
Concerto benefico e auguri!
Cari Amici e Soci dell'Associazione,
con l'occasione di augurarvi un sereno Natale
vi invitiamo numerosi al
Concerto Benefico (offerta libera)
a favore delle Chiese Terremotate della Diocesi di Mantova
"Aspettando la Natività"
Domenica 23 Dicembre ore 21,00
Chiesa dei Santi Pietro e Prospero - Reggio Emilia
Cordiali saluti e Auguri di Buone Feste
domenica 16 dicembre 2012
giovedì 13 dicembre 2012
A Regola d'Arte: laboratori di Natale "Cercatori d'oro... sulle tracce di Eldorado"
http://www.musei.re.it/Museo/museire.nsf/4cde79c085bc5503c125684d0047d9a0/1b859a4244fb0d0bc1257ad3003d1934/$FILE/Labo%20natale%20LD.pdf
E' possibile cliccare sopra le immagini per ingrandire
sabato 8 dicembre 2012
lunedì 3 dicembre 2012
sabato 24 novembre 2012
giovedì 15 novembre 2012
Orsi a Novellara. Presentazione del volume, dalla Gazzetta di Reggio del 14 novembre 2012
novellara
Presentata la raccolta di studi sul pittore di corte Lelio Orsi
NOVELLARA. Domenica pomeriggio, nella sala del consiglio, in un Rocca gremita, è stato presentato il volume con gli atti della giornata di studi “Orsi a Novellara-Un grande manierista in una piccola...
NOVELLARA. Domenica pomeriggio, nella sala del consiglio, in un Rocca gremita, è stato presentato il volume con gli atti della giornata di studi “Orsi a Novellara-Un grande manierista in una piccola corte”. La mostra era stata organizzata nel novembre dell’anno scorso in occasione del cinquecentesimo anniversario della nascita di Lelio Orsi “da Nuvolara” (1511-1587), uno dei più raffinati interpreti in terra emiliana del manierismo.
Un irrequieto, ombroso, lunare, visionario, estroso artista, pittore e architetto, nato in Rocca da uno spenditore di corte dei Gonzaga, che ha trascorso la prima giovinezza nell’ambiente raffinato della corte, rimanendovi per quasi tutta la vita. Qui progettò e realizzò alcune delle principali strutture che ancora oggi caratterizzano la città: il secondo piano della Rocca, la chiesa collegiata di Santo Stefano, la casa di probazione dei gesuiti, i due casini di delizie.
Con la fine della dinastia dei Gonzaga di Novellara, nella prima metà del Settecento, i suoi dipinti e i tanti disegni sono andati dispersi fra collezioni pubbliche e private e ora sono nella maggior parte conservati nei più importanti museo del mondo. Nel museo Gonzaga sono rimasti l’ “Annunciazione”, alcuni disegni e il ciclo degli affreschi del Casino di sopra. Il volume, ricco di informazioni inedite e di immagini, è stato distribuito in omaggio ai numerosi partecipanti alla presentazione. Nel primo contributo, Walter Baricchi traccia un panorama delle piccole corti padane nel Rinascimento. A seguire Massimo Pirondini, curatore della monografia e della grande mostra allestita nel 1987 in occasione del cinquecentesimo anniversario della morte dell’Orsi, fornisce un corposo aggiornamento sugli studi che hanno fatto seguito a quella sua opera fondamentale. L’architetto Maria Cristina Costa illustra il restauro degli affreschi giovanili dell’Orsi nel castello di Querciola. Pierluigi Carofano analizzando una serie di versioni dell’ “Agonia di Cristo nell’orto del Getsemani”, ipotizza una matrice correggesca per alcune opere di Lelio Orsi. Giancarlo Grassi pubblica un inedito progetto cinquecentesco per la cattedrale di Reggio. Alessandra Bigi Iotti documenta la presenza del giovane Raffaellino da Reggio a Novellara, come allievo dell'Orsi. Giulio Zavatta si occupa della sala del Fico in Rocca, da poco restaurata. Infine Marco Cianpolini e Antonio Vannugli trattano rispettivamente delle opere emiliane conservate nelle collezioni senesi e di una lettura aggiornata degli studi sull’oratorio romano del Gonfalone.
Il volume è stato curato da Alessandra Bigi Iotti, Giulio Zavatta e Massimo Pirondini, con il coordinamento organizzativo di Elena Ghidini, la collaborazione dell’associazione culturale “A regola d'Arte”, il patrocinio della Soprintendenza Bsae di Modena e Reggio e dell’istituto Beni culturali della Regione con il contributo della Provincia. Alla presentazione, introdotta dall’assessore alla Cultura Paola Santachiara e coordinata dalla direttrice del museo Erlena Ghidini, sono intervenuti Federico Fischetti, della Soprintendenza, e Claudio Strinati, del Ministero della Cultura. Hanno presentato gli storici dell’arte Massimo Pirondini e Giulio Zavatta.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
lunedì 12 novembre 2012
ORSI A NOVELLARA. Gli atti del convegno sul Giornale Dell'Arte online
Novellara (Re). Domenica 11 novembre, a distanza di un anno
dalle celebrazioni per l’anniversario dei cinquecento anni dalla
nascita di Lelio Orsi (1511 – 1587), il Comune di Novellara,
presenta gli Atti della Giornata di studi «Orsi a Novellara –
Un grande manierista in una piccola corte»che si è svolta
nel novembre 2011. Lelio Orsi, artista lungamente attivo
per i Gonzaga di Novellara e oggi ancora troppo poco conosciuto,
è stato uno dei più importanti pittori italiani della seconda
metà del Cinquecento, attivo intorno alla metà del
XVI secolo tra Reggio Emilia e Novellara.
Fu essenzialmente un artista di corte,
presso la quale si dedicò alla decorazione
dell’antica Rocca dei Gonzaga,
coordinando, insieme alla sua equipe,
tutte le imprese pittoriche, decorative
e architettoniche della piccola signoria padana.
Oltre ai raffinatissimi dipinti, conservati in collezioni
pubbliche e private e a più rari affreschi, divisi tra il
Museo di Novellara e la Galleria Estense di Modena,
restano a testimonianza della sua inventiva
e delle sue straordinarie doti grafiche i
numerosissimi disegni conservati in alcuni
importanti musei del mondo.
...
(il testo integrale è disponibile nella versione cartacea)
di S.L., edizione online, 9 novembre 2012
dalle celebrazioni per l’anniversario dei cinquecento anni dalla
nascita di Lelio Orsi (1511 – 1587), il Comune di Novellara,
presenta gli Atti della Giornata di studi «Orsi a Novellara –
Un grande manierista in una piccola corte»che si è svolta
nel novembre 2011. Lelio Orsi, artista lungamente attivo
per i Gonzaga di Novellara e oggi ancora troppo poco conosciuto,
è stato uno dei più importanti pittori italiani della seconda
metà del Cinquecento, attivo intorno alla metà del
XVI secolo tra Reggio Emilia e Novellara.
Fu essenzialmente un artista di corte,
presso la quale si dedicò alla decorazione
dell’antica Rocca dei Gonzaga,
coordinando, insieme alla sua equipe,
tutte le imprese pittoriche, decorative
e architettoniche della piccola signoria padana.
Oltre ai raffinatissimi dipinti, conservati in collezioni
pubbliche e private e a più rari affreschi, divisi tra il
Museo di Novellara e la Galleria Estense di Modena,
restano a testimonianza della sua inventiva
e delle sue straordinarie doti grafiche i
numerosissimi disegni conservati in alcuni
importanti musei del mondo.
...
(il testo integrale è disponibile nella versione cartacea)
Una nuova iniziativa dell'associazione A REGOLA D'ARTE: contattaci e insieme organizzeremo un compleanno indimenticabile!
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domenica 11 novembre 2012
sabato 10 novembre 2012
giovedì 8 novembre 2012
ORSI A NOVELLARA
UN GRANDE MANIERISTA IN
UNA PICCOLA CORTE
Domenica
11 Novembre, a distanza di un anno dalle celebrazioni per l’anniversario
dei cinquecento anni dalla nascita di Lelio
Orsi (1511 – 1587), il Comune di Novellara,
presenterà il volume con gli Atti della
Giornata di studi “Orsi a Novellara – Un grande manierista in una piccola
corte” che si è svolta nel novembre 2011 presso il Teatro della Rocca.
Lelio Orsi, artista lungamente attivo per i Gonzaga di Novellara e
oggi ancora troppo poco conosciuto, è stato uno dei più importanti pittori
italiani della seconda metà del Cinquecento, tra i protagonisti più originali di
quella straordinaria stagione della pittura europea definita Manierismo. Attivo intorno alla metà del
XVI secolo tra Reggio Emilia e Novellara, fu essenzialmente un artista di
corte, dedicandosi alla decorazione dell’antica Rocca dei Gonzaga, ai “Casini”
e coordinando, insieme alla sua equipe, tutte le imprese pittoriche, decorative
e architettoniche della piccola corte padana. Oltre ai raffinatissimi dipinti,
conservati in collezioni pubbliche e private e a più rari affreschi, divisi tra
il Museo di Novellara e la Galleria Estense di Modena, restano a testimonianza
della sua originalità inventiva e delle sue straordinarie doti grafiche i
numerosissimi disegni conservati nei più importati musei del mondo.
La pubblicazione, ricchissima di informazioni inedite e di immagini,
rende conto dei notevoli risultati raggiunti durante la giornata di studi.
Walter Baricchi apre il volume con un panorama delle piccole corti padane nel
Rinascimento. Quindi Massimo Pirondini, autore assieme al compianto Elio
Monducci della monografia su Lelio Orsi, in un lungo excursus biografico fornisce di fatto un corposo aggiornamento al
suo volume, includendo le opere comparse sul mercato o emerse negli studi in
seguito al suo fondamentale libro. Lo stesso Pirondini ha redatto le schede
dell’Annunciazione e di alcuni
disegni di Lelio Orsi recentemente acquisiti dal Comune di Novellara.
L’architetto Maria Cristina Costa illustra quindi l’importante restauro degli
affreschi giovanili di Lelio Orsi che si trovano a Castello Querciola;
Pierluigi Carofano compie invece un rilevamento di una serie di versioni dell’Agonia di Cristo nell’orto del Getsemani, ipotizzando
una matrice correggesca per le opere di Lelio Orsi. Proseguendo nel volume,
Giancarlo Grassi pubblica un nuovo e inedito progetto cinquecentesco per la
cattedrale di Reggio Emilia, avvicinato a Prospero Clemente. La scoperta aveva
destato notevole interesse durante la giornata di studi, così come un’ulteriore
aggiunta al catalogo dello scultore reggiano: Emilio Negro infatti ha portato
alla conoscenza di una nuova Madonna col
Bambino modellata dallo Spani. Alessandra
Bigi Iotti presenta un’importante serie di documenti che confermano la presenza
del giovane Raffaellino da Reggio a Novellara, verificando la notizia attestata
solo nelle fonti di un suo alunnato presso Lelio Orsi. Giulio Zavatta rivolge
le sue attenzioni alla Sala del Fico recentemente restaurata, presentando
documenti inediti sul pittore mantovano Giulio Rubone e sull’architetto Pompeo
Pedemonte, autore probabilmente dei camini marmorei più pregiati custoditi
nella Rocca di Novellara. Infine, allargando lo sguardo dalla piccola corte al
contesto generale della Maniera, Marco Ciampolini ha restituito
un’accuratissima analisi sulle opere emiliane conservate nelle collezioni
senesi, e Antonio Vannugli ha fornito una lettura aggiornata degli studi sull’oratorio romano del Gonfalone,
testo pittorico fondamentale per tutti gli artisti della generazione di Lelio
Orsi.
La pubblicazione, curata da Alessandra Bigi Iotti, Giulio Zavatta e
Massimo Pirondini, con il coordinamento organizzativo di Elena Ghidini e con la
collaborazione dell’Associazione culturale A regola d’Arte, è patrocinata dalla
Soprintendenza BSAE di Modena e Reggio Emilia, dall’IBC della Regione Emilia
Romagna e gode del contributo della Provincia di Reggio Emilia. Interverranno
all’evento Federico Fischetti della Soprintendenza BSAE, Claudio Strinati
Dirigente del Ministero per i Beni e le Attività culturali e presenteranno gli
storici dell’arte Massimo Pirondini e Giulio Zavatta.
L’ appuntamento è per le ore 16,00 nella sala del Consiglio della
Rocca di Novellara. Ai partecipanti sarà distribuita in omaggio una copia del
volume.
giovedì 25 ottobre 2012
martedì 23 ottobre 2012
DA MARE A MARE. Catalogo della mostra, NFC Edizioni in collaborazione con A Regola d'Arte
DA MARE A MARE
Viaggio poetico nella fotografia di Riccardo Varini
Testi poetici
Sabrina Foschini
A cura di
Alessandra Bigi Iotti e Giulio Zavatta
NFC Edizioni, Rimini 2012
martedì 25 settembre 2012
mercoledì 19 settembre 2012
"La storia di Reggio tra via Emilia e via della Seta" DIDATTICA PER LE SCUOLE 2012-2013
Quest'anno A REGOLA D'ARTE presenta un progetto didattico per le scuole medie e superiori di Reggio e provincia sulla storia dell'Arte della Seta. Il tema diventa il filo conduttore per scoprire non solo la storia cittadina ma anche la storia del costume, dell'economia e delle trasformazioni del territorio, fornendo numerosi spunti per riflessioni anche su questioni di attualità.
Per saperne di più vai sul sito: http://www.aregoladarteprogetticulturali.it/
domenica 16 settembre 2012
mercoledì 12 settembre 2012
sabato 8 settembre 2012
DA MARE A MARE. Mostra di Riccardo Varini a Rimini. Comunicato stampa
Agenzia NFC
e Galleria Gorza
via XX settembre RIMINI
in occasione dell’inaugurazione al pubblico degli spazi
della GALLERIA GORZA in via XX settembre, che si terrà nei giorni 28, 29 e 30 settembre 2012, l’Agenzia NFC di Amedeo Bartolini
presenta:
DA MARE A MARE. Viaggio poetico nelle fotografie di Riccardo Varini
DA MARE A MARE. Viaggio poetico nelle fotografie di Riccardo Varini
La mostra vuole portare per la prima volta all’attenzione
del pubblico riminese alcune delle immagini più significative del fotografo
reggiano Riccardo Varini. Partendo da alcuni “luoghi comuni” dell’artista, come
le vedute sospese della spiaggia di Rimini svuotata dai clamori estivi degli
anni ‘80, la grande bufera del 2010 sul mare o anche l’altro “mare”, quello
delle nebbie o delle nevi della pianura padana, Varini raggiunge, nella serie
più nota dei “Silenzi”, un estremo limite di essenzialità e rarefazione. Questi
“paesaggi dell’anima” ci parlano anche della pianura padana, della terra, degli
umori, dei suoni e delle voci del Grande Fiume, tutti elementi che hanno rappresentato
una inesauribile fonte di ispirazione per scrittori e poeti, pittori e
fotografi a partire da Luigi Ghirri, “Maestro” con cui Varini da sempre si è
confrontato, dopo averlo incontrato nel 1984.
La mostra, curata dagli storici dell’arte Giulio Zavatta e
Alessandra Bigi Iotti, sarà impreziosita dalla lettura delle poesie di Sabrina
Foschini, prevista domenica 30 settembre.
L’iniziativa sarà corredata da un catalogo edito da NFC
edizioni.
L’esposizione delle fotografie dell’artista reggiano si
svolgerà negli spazi di Agenzia NFC, presso la Galleria Gorza di via XX
settembre, nei giorni 28, 29 e 30
settembre, dalle ore 18,00 alle ore 24,00, con alcuni suggestivi momenti di
approfondimento:
venerdì 28 settembre: vernissage inaugurale
sabato 29 settembre: workshop con l’artista e i curatori
domenica 30 settembre: reading poetico con Sabrina Foschini
L’esposizione inaugurerà una serie di iniziative, mostre ed
eventi d’arte contemporanea corredate da relativo catalogo, promosso e
realizzato grazie al sostegno di NFC, agenzia di comunicazione e di editoria
artistica.
Riccardo
Varini nasce nel 1957 a Reggio Emilia, città dove vive e lavora.
L’amore per la natura e per le cose semplici gli è stato tramandato dal padre
Luigi con il quale nell’infanzia trascorre lunghi pomeriggi sul Po o sugli
Appennini. Dopo un iniziale avvicinamento alla pittura, alla musica e alla
poesia, a partire dal 1978 si dedica anche alla fotografia, passione che
diviene vera e propria ricerca artistica dopo avere conosciuto, nel 1984, Luigi
Ghirri, il Maestro del paesaggio e della fotografia “di concetto”. Con lui
condivide l’attenzione per il dettaglio quotidiano e per la natura e
l’importanza dell’inquadratura, ma non dimentica la luce, la sobrietà e un
certo tipo di tempo sospeso o della memoria proprio dei chiaristi della scuola
di Giorgio Morandi. Tra questi, in particolare, il conterraneo Gino Gandini fu molto
caro a Varini. Da queste fonti sviluppa un proprio stile personale: rarefatto,
essenziale, dai toni smorzati e privo di rumore o movimento. In una parola,
poetico. Dopo numerose mostre, nel 2006 apre la prima Galleria di Fotografia a
Reggio Emilia, che diviene in breve punto di incontro di numerosi fotografi e
dove tiene corsi sulla composizione. Nel 2007 il prof. Arturo Carlo Quintavalle
lo invita ad archiviare le sue opere presso lo CSAC (Centro Studi e Archivio
della comunicazione dell’Università di Parma), dove sono ospitati i grandi nomi
della fotografia italiana. Nel 2008 viene chiamato ad esporre in Francia, a
Parigi e a Nantes, e a tenere seminari all’Università IULM di Milano. Nello
stesso anno viene pubblicato da Meridiana, con presentazione del prof. Quintavalle,
il volume “Silenzi”, raffinata raccolta delle sue “geometrie sentimentali”sviluppata
in trent’anni di lavoro, dal 1978 al 2008. E’Cristina Franzoni, della redazione
di Zoom Magazine, a parlare per prima delle “geometrie” di Riccardo Varini,
incitandolo a continuare e ad esporre in Italia e all’estero. I riconoscimenti
arrivano dopo la personale allestita alla Galleria Parmiggiani di Reggio
Emilia, premiata dalla critica e dal pubblico di Fotografia Europea 2009. Nello
stesso anno Duccio Grassi Architects gli commissiona una ricerca fotografica
sul nuovo, grande negozio di Max Mara a Milano. Seguono,in anni recenti, le
esposizioni “Da qui al mare”a Ravenna (2011) e presso i Magazzini del sale di
Cervia (2012) e “Fotografie”presso la
Galleria Libreria Einaudi a Mantova (2012). Selezionato da un comitato
internazionale di critici e curatori, nel 2012 ha preso parte alla seconda
edizione di MIA – Milan Image Art Fair,
dove una delle sue opere della serie “Silenzi” (1992), l’ Alberino (come lui lo definisce), è stata scelta dalla rivista
francese Le Monde come simbolo del Mia Fair 2012.
Attualmente sta lavorando ad un importante
progetto ispirato al pittore americano Edward Hopper e al suo “teatro del
silenzio”.
venerdì 7 settembre 2012
DA PARMIGIANINO A PIAZZETTA. Una recensione "internazionale"
Articolo di Catherine Goguel su ArtItalies, rivista dell'AHAI (Association des Historiens de l'Art Italien)
giovedì 6 settembre 2012
sabato 1 settembre 2012
IL 3 SETTEMBRE RIPARTE IL CAMPO GIOCO "INCONTRI AD ARTE"
Lunedì 3 settembre riprende presso il parco della biblioteca Santa Croce il progetto dell'associazione A REGOLA D'ARTE "Incontri ad Arte". Di seguito alcuni momenti del campo gioco del mese di giugno. Per ulteriori informazioni vai su www.aregoladarte.progetticulturali.it
Un ritratto naturale: l'Arcimboldo
Taccuino d'artista di Leonardo Da Vinci
Ritratti del '900: le maschere africane
La ricerca bibliografica in biblioteca
Arte o pubblicità? Andy Warhol
giovedì 9 agosto 2012
domenica 29 luglio 2012
AEMILIA ARTQUAKE. Superate le 100 opere vendute, raccolti oltre 50mila euro.
Partecipate e seguite sul sito la vendita di questa gara di beneficenza!
http://www.artquake.it/opere-vendute
http://www.artquake.it/opere-vendute
martedì 24 luglio 2012
Terremoto in Emilia. IBAN per aiuti diretti al Comune di Guastalla
EMERGENZA TERREMOTO: DONAZIONI A FAVORE DEL COMUNE DI GUASTALLA
notizia pubblicata in data: martedì 12 giugno 2012
Il comune di Guastalla mette a disposizione di coloro che desiderano versare un contributo per far fronte ai costi del terremoto ed aiutare la popolazione colpita, il conto corrente intestato a “Comune di Guastalla – Servizio Tesoreria”, iban:IT02W0200866361000001934376, specificando come causale “Emergenza terremoto maggio 2012” .
L'Amministrazione comunale ringrazia sin da ora tutti i soggetti che effettueranno donazioni.
giovedì 19 luglio 2012
Musei di Reggio Emilia, progetto Italo Rota. Rassegna Stampa 13 luglio 2012
Prima Pagina, 13 luglio 2012
https://docs.google.com/document/d/1gC6atck0eoBcnnd0Qjw3tXX-IsXb7Vx4hSyUn3vJ56o/edit?pli=1
Gazzetta di Reggio, 13 luglio 2012
https://docs.google.com/document/d/1hqlywEdY51jJu4Vl5JsZxtaG_AIOQVyeAdF5CVdqeaM/edit
https://docs.google.com/document/d/1gC6atck0eoBcnnd0Qjw3tXX-IsXb7Vx4hSyUn3vJ56o/edit?pli=1
Gazzetta di Reggio, 13 luglio 2012
https://docs.google.com/document/d/1hqlywEdY51jJu4Vl5JsZxtaG_AIOQVyeAdF5CVdqeaM/edit
mercoledì 18 luglio 2012
sabato 14 luglio 2012
venerdì 13 luglio 2012
Nuovo museo di Reggio Emilia di Italo Rota. Rassegna stampa luglio 2012
Prima Pagina del 13 luglio
https://docs.google.com/document/d/1gC6atck0eoBcnnd0Qjw3tXX-IsXb7Vx4hSyUn3vJ56o/edit
Gazzetta di Reggio del 13 luglio
https://docs.google.com/document/d/1hqlywEdY51jJu4Vl5JsZxtaG_AIOQVyeAdF5CVdqeaM/edit
Gazzetta di Reggio del 12 luglio
https://docs.google.com/document/d/1bGawz0cB3FHvZs0v8V72YZzQjuUhpteDd0ysSOLnJtE/edit
Prima Pagina del 12 luglio
https://docs.google.com/document/d/1FD3H-44fkGllJdyW7ZY1yIBcnjD-RjKO6MnvvCeELrM/edit
Prima Pagina del 12 luglio
https://docs.google.com/document/d/1Op74o5hBnFGRTbvQL-BL9ylOuyt84h31NiMrBM1icog/edit
https://docs.google.com/document/d/1gC6atck0eoBcnnd0Qjw3tXX-IsXb7Vx4hSyUn3vJ56o/edit
Gazzetta di Reggio del 13 luglio
https://docs.google.com/document/d/1hqlywEdY51jJu4Vl5JsZxtaG_AIOQVyeAdF5CVdqeaM/edit
Gazzetta di Reggio del 12 luglio
https://docs.google.com/document/d/1bGawz0cB3FHvZs0v8V72YZzQjuUhpteDd0ysSOLnJtE/edit
Prima Pagina del 12 luglio
https://docs.google.com/document/d/1FD3H-44fkGllJdyW7ZY1yIBcnjD-RjKO6MnvvCeELrM/edit
Prima Pagina del 12 luglio
https://docs.google.com/document/d/1Op74o5hBnFGRTbvQL-BL9ylOuyt84h31NiMrBM1icog/edit
martedì 10 luglio 2012
Nuovo museo di Reggio Emilia, progetto Italo Rota. Addenda a rassegna stampa
Gazzetta di Reggio del 25 giugno 2012
https://docs.google.com/document/d/1frONpbGtmAIqT8SSA50zWucGsbbIKToHzO4G0xg8ovg/edit?pli=1
Prima Pagina del 25 giugno 2012
https://docs.google.com/document/d/1fFBYi6spB4061Bv3hstxiHXoY8CrsB0ze0ycKC_9Szg/edit
https://docs.google.com/document/d/1iJICbBESBwtA3AwTLHRUdF3ugT7Oj4Q3JUroqDtBkWg/edit
https://docs.google.com/document/d/1frONpbGtmAIqT8SSA50zWucGsbbIKToHzO4G0xg8ovg/edit?pli=1
Prima Pagina del 25 giugno 2012
https://docs.google.com/document/d/1fFBYi6spB4061Bv3hstxiHXoY8CrsB0ze0ycKC_9Szg/edit
https://docs.google.com/document/d/1iJICbBESBwtA3AwTLHRUdF3ugT7Oj4Q3JUroqDtBkWg/edit
mercoledì 4 luglio 2012
Nuovo Museo di Italo Rota a Reggio Emilia. I "funghi" rimandati a seguito del riallestimento
Il Comune "congela" i funghi Prima i lavori dentro ai Musei
Il progetto di Italo Rota
Fischi e applausi, pubblico diviso nell’incontro ai Chiostri. I contestatori: «Veniamo trattati come deficienti»
di Mike Scullin
di Mike Scullin
Italo Rota alla presentazione del concept del museo (Artioli)
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Reggio Emilia, 25 giugno 2012 - I FUNGHI? Congelati. Almeno per questa legislatura il Comune non innalzarà i dodici funghi d’acciaio specchiante con disegni di animali esotici che, nel progetto fantasmagorico dell’architetto Italo Rota, dovrebbero fungere da calamita per attirare visitatori ai Musei Civici. Col denaro stanziato in parte dall’amministrazione comunale in parte da privati verrà invece sistemato l’ultimo piano di palazzo San Francesco, che ospiterà le period-rooms, le stanze tematiche in cui esporre gli «oggetti narrativi» che hanno fatto la storia reggiana del Novecento. E si interverrà finalmente, dopo sette anni di stop, sull’altra scommessa del progetto, lo scalone dell’ex istituto Secchi con le aule trasformate in pinacoteca di tutti i colori. Sì, una galleria arcobaleno perchè i proiettori dotati di filtri illumineranno le pareti neutre accendendo la pinacoteca e valorizzando le tele.
FUNGHI ABBANDONATI? No. Se i contestatori lo speravano, si sono sbagliati. Per ora sono parcheggiati nel mondo delle idee per i fondi insufficienti - a disposizione solo un milione di euro - ma dopo le prossime amministrative (2014) se ne riparlerà: in alternativa, all’esterno saranno piazzati degli specchi. E niente costosissima parete vegetale, par di capire dalle parole di Rota: solo normalissimi rampicanti. La decisione dello stop provvisorio ai funghi ci è stata riferita dall’assessore alla cultura Giovanni Catellani subito dopo l’incontro dei cittadini con l’architetto milanese, l’altra sera ai chiostri di San Pietro. Sul palco, illuminati dai riflettori, c’erano anche la direttrice dei Musei Elisabetta Farioli, il giornalista e docente universitario Pierluigi Panza, e lui, Lui. L’architetto Italo Rota, a cui qualcuno ha infine urlato: «Non è il tuo museo, Rota!»
SOTTO, la platea dei «giudici popolari», 150 appassionati divisi in due fazioni. Pro e contro Rota, guelfi e ghibellini, interisti e milanisti. I pro, giovani, entusiasti nel vedere l’immagine del museo rivoltata come un calzino, contenitore di provocazioni e suggestioni spettacolari. I contro, via via ingrossatisi attorno al nucleo dei 45 intellettuali «arrabbiati», preoccupatissimi per il temuto stravolgimento dello scrigno, dell’Istituzione. Tutti immersi nell’umidità della sabbia resa fradicia dalla grandinata del pomeriggio, ma curiosi di apprendere il credo di Rota. Fin dall’inizio una forte tensione, accompagnato da fischi o applausi: atteggiamento ben diverso da quello, reverenziale, tenuto quando venne a Reggio Santiago Calatrava, l’autore delle vele sull’A1, a parlare dell’Area Nord.
AL TERMINE della disquisizione di Rota, la mitragliata di interventi. Chi approvava e chi invece è riuscito nell’impresa di spazientire l’architetto. Dai contestatori sono fioccati infatti al suo indirizzo giudizi come «banalità sconcertanti», «poetica molto confusa». «siamo stati trattati come deficienti» e, nel merito, «per noi inserire un tappeto con gli scimpanzè nella collezione Spallanzani è una violenza anche se non si tocca nulla, son cose che non si fanno» (Franzoni, un firmatario), o ancora «Rota, ci fornisca delle ipotesi, non un’unica soluzione! L’architetto Rudi, con Mari ha vinto un concorso a cui aveva partecipato anche Italo Rota, onestamente lo si deve sapere. I lavori erano realizzati al 60-70 per cento, ora l’impiantistica è rovinata e obsoleta e rispetto alla partenza siamo in situazione peggiore» (l’architetto Bedogni).
di Mike Scullin
FUNGHI ABBANDONATI? No. Se i contestatori lo speravano, si sono sbagliati. Per ora sono parcheggiati nel mondo delle idee per i fondi insufficienti - a disposizione solo un milione di euro - ma dopo le prossime amministrative (2014) se ne riparlerà: in alternativa, all’esterno saranno piazzati degli specchi. E niente costosissima parete vegetale, par di capire dalle parole di Rota: solo normalissimi rampicanti. La decisione dello stop provvisorio ai funghi ci è stata riferita dall’assessore alla cultura Giovanni Catellani subito dopo l’incontro dei cittadini con l’architetto milanese, l’altra sera ai chiostri di San Pietro. Sul palco, illuminati dai riflettori, c’erano anche la direttrice dei Musei Elisabetta Farioli, il giornalista e docente universitario Pierluigi Panza, e lui, Lui. L’architetto Italo Rota, a cui qualcuno ha infine urlato: «Non è il tuo museo, Rota!»
SOTTO, la platea dei «giudici popolari», 150 appassionati divisi in due fazioni. Pro e contro Rota, guelfi e ghibellini, interisti e milanisti. I pro, giovani, entusiasti nel vedere l’immagine del museo rivoltata come un calzino, contenitore di provocazioni e suggestioni spettacolari. I contro, via via ingrossatisi attorno al nucleo dei 45 intellettuali «arrabbiati», preoccupatissimi per il temuto stravolgimento dello scrigno, dell’Istituzione. Tutti immersi nell’umidità della sabbia resa fradicia dalla grandinata del pomeriggio, ma curiosi di apprendere il credo di Rota. Fin dall’inizio una forte tensione, accompagnato da fischi o applausi: atteggiamento ben diverso da quello, reverenziale, tenuto quando venne a Reggio Santiago Calatrava, l’autore delle vele sull’A1, a parlare dell’Area Nord.
AL TERMINE della disquisizione di Rota, la mitragliata di interventi. Chi approvava e chi invece è riuscito nell’impresa di spazientire l’architetto. Dai contestatori sono fioccati infatti al suo indirizzo giudizi come «banalità sconcertanti», «poetica molto confusa». «siamo stati trattati come deficienti» e, nel merito, «per noi inserire un tappeto con gli scimpanzè nella collezione Spallanzani è una violenza anche se non si tocca nulla, son cose che non si fanno» (Franzoni, un firmatario), o ancora «Rota, ci fornisca delle ipotesi, non un’unica soluzione! L’architetto Rudi, con Mari ha vinto un concorso a cui aveva partecipato anche Italo Rota, onestamente lo si deve sapere. I lavori erano realizzati al 60-70 per cento, ora l’impiantistica è rovinata e obsoleta e rispetto alla partenza siamo in situazione peggiore» (l’architetto Bedogni).
di Mike Scullin
Nuovo museo di Italo Rota a Reggio Emilia. Dal Resto del Carlino del 24 giugno
Ecco il nuovo museo di Italo Rota Racconterà le storie private
Sorgerà in centro
Lo farà grazie agli oggetti dei cittadini e dei depositi. Sarà adiacente ai musei civici e avrà funzioni distinte
Italo Rota alla presentazione del concept del museo (Artioli)
Reggio Emilia, 24 giugno 2012 - Un nuovo museo che trovi spazio per materiali non esposti dei Musei e che ponga domande sul futuro di Reggio Emilia, adiacente al Museo delle collezioni storiche. Degli obiettivi di questo nuovo museo si è parlato sabato sera al chiostro grande di San Pietro con l’architetto autore del progetto Italo Rota, Giovanni Catellani assessore alla Cultura, Elisabetta Farioli direttrice dei Civici Musei, in una presentazione condotta da Pierluigi Panza, giornalista del Corriere della Sera.
Due musei distinti ma comunicanti, con due accessi diversi. Su questa distinzione tra i Musei civici con le preziose collezioni storiche da valorizzare e conservare, e il Nuovo Museo che va a occupare un’ala chiusa sono tornati più volte tutti i relatori. Un filmato iniziale ha mostrato lo stato dei quattro piani attualmente chiusi di Palazzo San Francesco, con i lavori interrotti e sui quali è ancora in corso un contenzioso tra l’Amministrazione comunale e la ditta che li aveva svolti.
IL CONFRONTO SUI MUSEI. L’assessore Catellani ha introdotto: “Ci siamo posti il tema di come comunicare meglio la grande ricchezza che i nostri Musei contengono, come rendere più belli, come associarli ad installazioni di grande richiamo, ma anche come intervenire in una parte che è ancora oggetto di ristrutturazione. Abbiamo chiamato quindi Italo Rota, architetto di chiara fama per gli allestimenti museali. Il tutto due anni fa si è fermato per il blocco dei finanziamenti e il patto di stabilità. Se per i vincoli del patto non potremo portare a termine tutto il progetto, il nostro obiettivo è intervenire intanto per una parte. Questa sera è una tappa importante, proseguiremo nel confronto. Quello che c’è in corso non è uno scontro tra innovatori e conservatori, perché tutti vogliamo bene al nostro museo e cerchiamo di renderlo più attraente. Certo occorre ripensare il rapporto tra memoria e innovazione, per un museo che ha le caratteristiche del Museo della Condivisione”. In seguito rispondendo alle domande, ha auspicato che possa essere messo a disposizione un milione di euro entro la fine della legislatura per quella parte di museo più condivisa e partecipata, ricordano i percorsi già avviati con le prove generali per un museo nel 2010 e la mostra in corso Gli oggetti ci parlano per l’allestimento delle period room.
LE CRITICITA’ DEI MUSEI DI REGGIO E LA SCELTA DI ROTA. Elisabetta Farioli ha ripercorso la riflessione dell’Amministrazione comunale di Reggio Emilia che ha portato allo specifico incarico all’architetto Rota: “Reggio Emilia è una città che ha saputo salvaguardare le sue collezioni storiche. La nostra priorità è la salvaguardia della collezioni storiche, che rappresentano la nostra identità. Nel 2006 ci si è trovati al cantiere interrotto per un contenzioso, abbiamo realizzato anche, grazie allo studio dell’Università di Bologna, le forti problematiche dei nostri musei, tra cui la totale mancanza dei visitatori tra i 20 e i 50 anni e di visitatori al di fuori di Reggio Emilia. Siamo quindi davanti alla necessità, per non ridurre le attività dei Musei, di avvicinarli a un pubblico più ampio, trasversale a tutte le culture e le generazioni e con particolare riferimento ai giovani”.
Nuovi problemi da affrontare, quindi, che hanno portato a cercare un’ottica diversa rispetto al progetto precedente Rudi-Mari “che prevedeva la messa a norma, il rifunzionalizzazione dei percorsi e l’esposizione del patrimonio di arte contemporanea”. “I musei hanno nelle città oggi un ruolo preciso nel rivitalizzare le città – ha continuato la Farioli riferendosi anche alla collocazione centrale d palazzo san Francesco, in dialogo con la piazza, con la topografia della cultura, e con via Secchi con le sue difficoltà.
Un secondo tema è stata la seguente considerazione che “I nostri musei sono espressione di visioni del mondo molto diverse tra loro: collezioni preziose a fianco di collezioni di taglio locale. Accanto alla collezione Spallanzani, il mondo delle wunderkammer, contatti precisi con l’illuminismo c’è a pochi metri il museo di storia patria di Chierici, il pensiero del positivismo, c’è Narborre Campanini, il rapporto con l’art nouveau, e poi ancora collezioni dei nostri esploratori e piccole collezioni di tante persone. Guardando i nostri musei non sul piano filologico ma dall’alto, lo vediamo come un contenitore in cui ci sono tutti i tempi, i luoghi, le culture: questa complessità può essere una occasione per la nostra contemporaneità e per i nostri musei. Un’occasione per le nostre collezioni storiche di diventare qualcosa di vivo per il nostro presente”.
Davanti a queste problematiche, l’operazione era quindi complessa e ha portato all’incarico a una professionalità come quella di Italo Rota. “La complessità non era a livello scientifico – ha specificato la Farioli - perché i nostri musei hanno personale scientifico di elevata competenza, ma era necessario un progettista con una visione artistica che ci aiutasse a rendere disponibile al grande pubblico, con il collezionismo, e con il linguaggio della contemporaneità, la nostra ricchezza”. Le installazioni nel Nuovo Museo verranno realizzate “quasi esclusivamente con materiali non esposti e custoditi nei depositi”, e darà la possibilità, al piano zero, di entrare nelle nostre collezioni storiche e immutate per viverle anche da un punto di vista contemporaneo.
Le installazioni di Rota avverrano con la partecipazione della città per quanto riguarda il museo del Novecento all’ultimo piano, comunque con accostamento dei materiali, forte domande sulla contemporaneità, la partecipazione, il confronto tra le culture, attenzione agli oggetti, perché “la memoria del passato possa diventare qualcosa di presente e di educante, attrezzare i nostri giovani a vivere la complessità in un futuro che ci aspetta”.
Pierluigi Panza ha a sua volta ricordato come il Museo di Reggio Emilia abbia valori testimoniali straordinari, pur collocandosi in un territorio italiano che ha musei ovunque: quasi tutte le comunità cittadine hanno collezioni importanti e cercano modalità per rendere attrattivi i musei, faticando a mantenerli. “Spallanzani è un unicum nella storia della cultura, disposta anche con Chierici, in teche che ne fanno una camera della meraviglia unica. Uno scrigno che nel progetto di Rota mi pare venga completamente custodito come una reliquia, ma allo stesso tempo c’è da inserire il segno del nostro passaggio che non sia semplicemente l’aggiungersi di un museino dell’arte contemporanea. Sono 237 i musei di arte contemporanea in Italia nati in modo un po’ estemporaneo. Rota cerca di risolvere il difficile equilibrio tra la tutela dello scrigno, senza in nulla compromettere, e la necessità di una nostra testimonianza con un linguaggio comprensibile alla nostra contemporaneità”.
LA POETICA E IL CONCEPT DI ROTA. “2012, lavoro e terremoto” sono le parole da cui ha iniziato Italo Rota per presentare la sua poetica e il concept: “Quando non c’è più lavoro, un’idea di futuro, non c’è più la possibilità di creare ricchezza, non ci sono valori che tengano. I musei che stiamo immaginando, nella sua parte dedicata al Novecento, sono dedicati a come ce l’abbiamo fatta fino al 2012 e come potremmo farcela. Potremmo chiederci se questo è un museo. I musei sono sempre serviti per conservare, ma abbiamo sempre conservato per progettare il futuro. Se possiamo chiamare le Wunderkammer le camere delle meraviglie degli oggetti di Spallanzani, le nuove Wunderkammer sono quelle delle idee. Stanze molto più difficili da penetrare, perché occorre esser molto curiosi per entrare e trovare quello che cerchiamo. Suscitare la curiosità è oggi dovere massimo delle collettività, soprattutto rispetto ai giovani: senza la curiosità non c’è la possibilità di scegliere il nostro futuro che è anche quello della collettività a cui apparteniamo”.
Anche Rota ha precisato in premessa: “Mi spiace molto sia stato impostato il dibattito su cose non vere, per esempio confondendo il museo nuovo con il museo vecchio. Vi prego di tenere distinte le due cose. Una con un contenuto storico definito, quasi immobile. Che passa da museo a collezione dei modi di esporre. Ogni pezzo è la storia di come abbiamo esposto particolari temi della conoscenza”.
L’altra, “Un museo a questioni, non a risposte”, in spazi oggi chiusi, un museo che racconta le storie di Reggio, racchiuse negli oggetti, talvolta i più strani, conservati nei depositi dei Musei, oppure nelle case reggiane che i cittadini hanno portato in mostra. “Non è semplice mettere insieme la storia recente, per questo dobbiamo partecipare, che è quello che abbiamo cominciato a fare con gli Oggetti ci parlano. Reggio Emilia è una città piccola, molto particolare, con qualità diffusissime, ma minute, difficili da raccontare, nano-qualità. Per questo occorre suscitare curiosità, porre domande semplici per dirci di avere in futuro lo stesso coraggio di chi ha fatto questa qualità. Dai nidi e le scuole di infanzia, alle mille piccole imprese. Le storie che raccontiamo ci dicono che dobbiamo continuare a preservare questa qualità diffusa che c’è a Reggio Emilia. Ad esempio ci interessa ancora la storia del tessile a Reggio Emilia, può generare innovazione? Può servire per uno start up di impresa? Una storia ancora calda, che può dimostrate che i nostri genitori ce l’hanno fatta”.
L’obiettivo è “di trasformare il patrimonio di Reggio Emilia in héritage, eredità, che è enzimatico solo quando riesce a trasformare i valori”. Cosa c’entra un museo? “Il caso della vita ci ha dato collezioni stravaganti e particolari,che ci pongono nella condizione di raccontare il mondo come è e come sarà. Come dice Olafur Eliasson: se tutto questo ci interessa, dopo sarà diverso”. Perché il mondo cambia.
Un museo che pone domande per il futuro. Ad esempio affiancando il tema della clonazione e della pecora Dolly con gli agnelli siamesi, i “mostri” delle collezioni. “Cosa dobbiamo fare davanti a questi oggetti? Possiamo parlare di queste cose? Possiamo interrogare così i nostri giovani sul nostro destino? Abbiamo la possibilità di farlo non con cartelli o con un video, ma con oggetti che ci interrogano in modo molto più persistente”.
Oppure ponendo il tema dell’acqua, come origine della vita: “Questa città ha un rapporto superficiale con la natura, mentre qui la natura c’è ed è meravigliosa e straordinaria. I fondali, le bolle, pozzi artesiani delle prime sale sono per dire che dobbiamo cominciare a guardare tutta la natura. Non avremo la possibilità di fare un acquario dei Caraibi a Reggio, ma di un’acqua verde e ricca di vita. Le gambe? Sono quelle dei bambini fortunati che nascono in questi ospedali”, e il punto di vista diverso.
Poi il capodoglio del museo della sala Asphalt, perché la “balena” è stata “conservata con l’asfalto e perché la sua storia è così particolare, poco scientifica e così recente, entra nelle collezioni per una serie di fatti asimmetrici, visto che è giunta a Reggio con un circo nel Dopoguerra e qui è morta”.
Già all’esterno viene posto appunto il tema della natura: “Un ingresso separato da quello centrale dei musei storici. Il concept ha due versioni, una con i funghi, una senza, ma sempre con gli specchi, con i fiori e non con un giardino verticale, ma con i rampicanti che ci sono in moltissimi palazzi. I funghi mi appartengono. E’ una mia cifra, li ho sempre fatti. A me piace farli e non li riciclo. In questo mi sento vicino a colui che ha fatto le colonne di questo chiostro e le ha fatte in tutte le città in cui ha lavorato”.
Nei depositi ci sono oggetti che parlano della storia dei cittadini con “gli imprevisti della natura dei viventi” e che si incontrano con le leggende e le cronache della città: il deragliamento del treno con il circo e la fiere fuggite nelle campagne reggiane, l’orso che avrebbe mangiato un bambino, fino agli animali domestici impagliati e donati ai Musei. “Quest’orso, lo mettiamo nelle collezioni degli animali o raccontiamo la sua storia? Se non ci si dà la pazienza di andare oltre le immagini, non andiamo molto lontano”.
Nel corridoio al piano zero, “la più antica abitante reggiana di cui ci è giunta immagine, la Venere di Chiozza, patrimonio nazionale, custodito in una banca, simbolo della presenza dell’uomo in questa area”.
Alla fine del corridoio il laboratorio con i giovani e il “giardino delle piante arrivate negli ultimi 50 anni a Reggio Emilia, per imparare i loro nomi, usi e costumi e imparare come queste nuove speci potranno convivere con le altre, insieme con Gilles Clement, e vedere come possono convivere in armonia, esattamente come i cittadini”.
Al piano superiore, “la sala dove ricreare lo start del 1859, quando Reggio di Lombardia diventa Reggio d’Emilia e cambiano tutti i riferimenti. Qui, ricreare la sala dell’esposizione fatta all’epoca, che contiene tutti i quadri e il paesaggio di quella data. A fianco, gli oggetti prodotti in quella decade nel pianeta, che ci racconta la diversità, il persistere di punti di vista diversi nello stesso tempo, dalla statua canoviana a fianco della testa africana, la giubba garibaldina a fianco della camicia di un capo indiano”.
Un'altra sala, l’arca di Noè, già sperimentata con l’installazione del 2010, con animali dei depositi: “il Rapporto tra viventi è oggi una tappa obbligatoria. Occorre insistere, nel rapporto con la natura c’è il nostro destino. L’arca di Noè è la punizione divina per costringere i viventi a un nuovo contratto, per fermarsi, quando finisce il diluvio, e scrivere una nuova storia. Senza questo contratto non ce la faremo”. All’ultimo piano, “pochissimi interventi architettonici, mostre tematiche e le period room che ci ricorderanno dove viviamo e da dove veniamo”.
Riguardo alla possibilità di destinare l’ultimo piano a un ristorante con vista sulla piazza, l’architetto Rota ha affermato: “Piuttosto che destinarlo ad uffici per alcuni funzionari essendo un luogo che appartiene alla collettività è meglio se più persone ne possono godere.” “Sono stato incaricato dal Comune per queste cose, per altro non sono stato incaricato – ha concluso – Gli aspetti negoziabili sono all’interno di questo percorso, delle cose da fare”.
La presentazione è stata seguita da domande e interventi da parte del pubblico numeroso e del Comitato Amici dei Musei. L’assessore Catellani ha concluso ricordando che il percorso continuerà con attività specifiche e di partecipazione. Ha affermato di aver incontrato più volte il Comitato e che il confronto continuerà anche con la tavola rotonda proposta dallo stesso comitato. “E’ stato un percorso lineare che continuerà, in cui va riconosciuta l’onestà intellettuale dell’architetto Rota e l’onestà nelle procedure da parte dell’Amministrazione”.
Due musei distinti ma comunicanti, con due accessi diversi. Su questa distinzione tra i Musei civici con le preziose collezioni storiche da valorizzare e conservare, e il Nuovo Museo che va a occupare un’ala chiusa sono tornati più volte tutti i relatori. Un filmato iniziale ha mostrato lo stato dei quattro piani attualmente chiusi di Palazzo San Francesco, con i lavori interrotti e sui quali è ancora in corso un contenzioso tra l’Amministrazione comunale e la ditta che li aveva svolti.
IL CONFRONTO SUI MUSEI. L’assessore Catellani ha introdotto: “Ci siamo posti il tema di come comunicare meglio la grande ricchezza che i nostri Musei contengono, come rendere più belli, come associarli ad installazioni di grande richiamo, ma anche come intervenire in una parte che è ancora oggetto di ristrutturazione. Abbiamo chiamato quindi Italo Rota, architetto di chiara fama per gli allestimenti museali. Il tutto due anni fa si è fermato per il blocco dei finanziamenti e il patto di stabilità. Se per i vincoli del patto non potremo portare a termine tutto il progetto, il nostro obiettivo è intervenire intanto per una parte. Questa sera è una tappa importante, proseguiremo nel confronto. Quello che c’è in corso non è uno scontro tra innovatori e conservatori, perché tutti vogliamo bene al nostro museo e cerchiamo di renderlo più attraente. Certo occorre ripensare il rapporto tra memoria e innovazione, per un museo che ha le caratteristiche del Museo della Condivisione”. In seguito rispondendo alle domande, ha auspicato che possa essere messo a disposizione un milione di euro entro la fine della legislatura per quella parte di museo più condivisa e partecipata, ricordano i percorsi già avviati con le prove generali per un museo nel 2010 e la mostra in corso Gli oggetti ci parlano per l’allestimento delle period room.
LE CRITICITA’ DEI MUSEI DI REGGIO E LA SCELTA DI ROTA. Elisabetta Farioli ha ripercorso la riflessione dell’Amministrazione comunale di Reggio Emilia che ha portato allo specifico incarico all’architetto Rota: “Reggio Emilia è una città che ha saputo salvaguardare le sue collezioni storiche. La nostra priorità è la salvaguardia della collezioni storiche, che rappresentano la nostra identità. Nel 2006 ci si è trovati al cantiere interrotto per un contenzioso, abbiamo realizzato anche, grazie allo studio dell’Università di Bologna, le forti problematiche dei nostri musei, tra cui la totale mancanza dei visitatori tra i 20 e i 50 anni e di visitatori al di fuori di Reggio Emilia. Siamo quindi davanti alla necessità, per non ridurre le attività dei Musei, di avvicinarli a un pubblico più ampio, trasversale a tutte le culture e le generazioni e con particolare riferimento ai giovani”.
Nuovi problemi da affrontare, quindi, che hanno portato a cercare un’ottica diversa rispetto al progetto precedente Rudi-Mari “che prevedeva la messa a norma, il rifunzionalizzazione dei percorsi e l’esposizione del patrimonio di arte contemporanea”. “I musei hanno nelle città oggi un ruolo preciso nel rivitalizzare le città – ha continuato la Farioli riferendosi anche alla collocazione centrale d palazzo san Francesco, in dialogo con la piazza, con la topografia della cultura, e con via Secchi con le sue difficoltà.
Un secondo tema è stata la seguente considerazione che “I nostri musei sono espressione di visioni del mondo molto diverse tra loro: collezioni preziose a fianco di collezioni di taglio locale. Accanto alla collezione Spallanzani, il mondo delle wunderkammer, contatti precisi con l’illuminismo c’è a pochi metri il museo di storia patria di Chierici, il pensiero del positivismo, c’è Narborre Campanini, il rapporto con l’art nouveau, e poi ancora collezioni dei nostri esploratori e piccole collezioni di tante persone. Guardando i nostri musei non sul piano filologico ma dall’alto, lo vediamo come un contenitore in cui ci sono tutti i tempi, i luoghi, le culture: questa complessità può essere una occasione per la nostra contemporaneità e per i nostri musei. Un’occasione per le nostre collezioni storiche di diventare qualcosa di vivo per il nostro presente”.
Davanti a queste problematiche, l’operazione era quindi complessa e ha portato all’incarico a una professionalità come quella di Italo Rota. “La complessità non era a livello scientifico – ha specificato la Farioli - perché i nostri musei hanno personale scientifico di elevata competenza, ma era necessario un progettista con una visione artistica che ci aiutasse a rendere disponibile al grande pubblico, con il collezionismo, e con il linguaggio della contemporaneità, la nostra ricchezza”. Le installazioni nel Nuovo Museo verranno realizzate “quasi esclusivamente con materiali non esposti e custoditi nei depositi”, e darà la possibilità, al piano zero, di entrare nelle nostre collezioni storiche e immutate per viverle anche da un punto di vista contemporaneo.
Le installazioni di Rota avverrano con la partecipazione della città per quanto riguarda il museo del Novecento all’ultimo piano, comunque con accostamento dei materiali, forte domande sulla contemporaneità, la partecipazione, il confronto tra le culture, attenzione agli oggetti, perché “la memoria del passato possa diventare qualcosa di presente e di educante, attrezzare i nostri giovani a vivere la complessità in un futuro che ci aspetta”.
Pierluigi Panza ha a sua volta ricordato come il Museo di Reggio Emilia abbia valori testimoniali straordinari, pur collocandosi in un territorio italiano che ha musei ovunque: quasi tutte le comunità cittadine hanno collezioni importanti e cercano modalità per rendere attrattivi i musei, faticando a mantenerli. “Spallanzani è un unicum nella storia della cultura, disposta anche con Chierici, in teche che ne fanno una camera della meraviglia unica. Uno scrigno che nel progetto di Rota mi pare venga completamente custodito come una reliquia, ma allo stesso tempo c’è da inserire il segno del nostro passaggio che non sia semplicemente l’aggiungersi di un museino dell’arte contemporanea. Sono 237 i musei di arte contemporanea in Italia nati in modo un po’ estemporaneo. Rota cerca di risolvere il difficile equilibrio tra la tutela dello scrigno, senza in nulla compromettere, e la necessità di una nostra testimonianza con un linguaggio comprensibile alla nostra contemporaneità”.
LA POETICA E IL CONCEPT DI ROTA. “2012, lavoro e terremoto” sono le parole da cui ha iniziato Italo Rota per presentare la sua poetica e il concept: “Quando non c’è più lavoro, un’idea di futuro, non c’è più la possibilità di creare ricchezza, non ci sono valori che tengano. I musei che stiamo immaginando, nella sua parte dedicata al Novecento, sono dedicati a come ce l’abbiamo fatta fino al 2012 e come potremmo farcela. Potremmo chiederci se questo è un museo. I musei sono sempre serviti per conservare, ma abbiamo sempre conservato per progettare il futuro. Se possiamo chiamare le Wunderkammer le camere delle meraviglie degli oggetti di Spallanzani, le nuove Wunderkammer sono quelle delle idee. Stanze molto più difficili da penetrare, perché occorre esser molto curiosi per entrare e trovare quello che cerchiamo. Suscitare la curiosità è oggi dovere massimo delle collettività, soprattutto rispetto ai giovani: senza la curiosità non c’è la possibilità di scegliere il nostro futuro che è anche quello della collettività a cui apparteniamo”.
Anche Rota ha precisato in premessa: “Mi spiace molto sia stato impostato il dibattito su cose non vere, per esempio confondendo il museo nuovo con il museo vecchio. Vi prego di tenere distinte le due cose. Una con un contenuto storico definito, quasi immobile. Che passa da museo a collezione dei modi di esporre. Ogni pezzo è la storia di come abbiamo esposto particolari temi della conoscenza”.
L’altra, “Un museo a questioni, non a risposte”, in spazi oggi chiusi, un museo che racconta le storie di Reggio, racchiuse negli oggetti, talvolta i più strani, conservati nei depositi dei Musei, oppure nelle case reggiane che i cittadini hanno portato in mostra. “Non è semplice mettere insieme la storia recente, per questo dobbiamo partecipare, che è quello che abbiamo cominciato a fare con gli Oggetti ci parlano. Reggio Emilia è una città piccola, molto particolare, con qualità diffusissime, ma minute, difficili da raccontare, nano-qualità. Per questo occorre suscitare curiosità, porre domande semplici per dirci di avere in futuro lo stesso coraggio di chi ha fatto questa qualità. Dai nidi e le scuole di infanzia, alle mille piccole imprese. Le storie che raccontiamo ci dicono che dobbiamo continuare a preservare questa qualità diffusa che c’è a Reggio Emilia. Ad esempio ci interessa ancora la storia del tessile a Reggio Emilia, può generare innovazione? Può servire per uno start up di impresa? Una storia ancora calda, che può dimostrate che i nostri genitori ce l’hanno fatta”.
L’obiettivo è “di trasformare il patrimonio di Reggio Emilia in héritage, eredità, che è enzimatico solo quando riesce a trasformare i valori”. Cosa c’entra un museo? “Il caso della vita ci ha dato collezioni stravaganti e particolari,che ci pongono nella condizione di raccontare il mondo come è e come sarà. Come dice Olafur Eliasson: se tutto questo ci interessa, dopo sarà diverso”. Perché il mondo cambia.
Un museo che pone domande per il futuro. Ad esempio affiancando il tema della clonazione e della pecora Dolly con gli agnelli siamesi, i “mostri” delle collezioni. “Cosa dobbiamo fare davanti a questi oggetti? Possiamo parlare di queste cose? Possiamo interrogare così i nostri giovani sul nostro destino? Abbiamo la possibilità di farlo non con cartelli o con un video, ma con oggetti che ci interrogano in modo molto più persistente”.
Oppure ponendo il tema dell’acqua, come origine della vita: “Questa città ha un rapporto superficiale con la natura, mentre qui la natura c’è ed è meravigliosa e straordinaria. I fondali, le bolle, pozzi artesiani delle prime sale sono per dire che dobbiamo cominciare a guardare tutta la natura. Non avremo la possibilità di fare un acquario dei Caraibi a Reggio, ma di un’acqua verde e ricca di vita. Le gambe? Sono quelle dei bambini fortunati che nascono in questi ospedali”, e il punto di vista diverso.
Poi il capodoglio del museo della sala Asphalt, perché la “balena” è stata “conservata con l’asfalto e perché la sua storia è così particolare, poco scientifica e così recente, entra nelle collezioni per una serie di fatti asimmetrici, visto che è giunta a Reggio con un circo nel Dopoguerra e qui è morta”.
Già all’esterno viene posto appunto il tema della natura: “Un ingresso separato da quello centrale dei musei storici. Il concept ha due versioni, una con i funghi, una senza, ma sempre con gli specchi, con i fiori e non con un giardino verticale, ma con i rampicanti che ci sono in moltissimi palazzi. I funghi mi appartengono. E’ una mia cifra, li ho sempre fatti. A me piace farli e non li riciclo. In questo mi sento vicino a colui che ha fatto le colonne di questo chiostro e le ha fatte in tutte le città in cui ha lavorato”.
Nei depositi ci sono oggetti che parlano della storia dei cittadini con “gli imprevisti della natura dei viventi” e che si incontrano con le leggende e le cronache della città: il deragliamento del treno con il circo e la fiere fuggite nelle campagne reggiane, l’orso che avrebbe mangiato un bambino, fino agli animali domestici impagliati e donati ai Musei. “Quest’orso, lo mettiamo nelle collezioni degli animali o raccontiamo la sua storia? Se non ci si dà la pazienza di andare oltre le immagini, non andiamo molto lontano”.
Nel corridoio al piano zero, “la più antica abitante reggiana di cui ci è giunta immagine, la Venere di Chiozza, patrimonio nazionale, custodito in una banca, simbolo della presenza dell’uomo in questa area”.
Alla fine del corridoio il laboratorio con i giovani e il “giardino delle piante arrivate negli ultimi 50 anni a Reggio Emilia, per imparare i loro nomi, usi e costumi e imparare come queste nuove speci potranno convivere con le altre, insieme con Gilles Clement, e vedere come possono convivere in armonia, esattamente come i cittadini”.
Al piano superiore, “la sala dove ricreare lo start del 1859, quando Reggio di Lombardia diventa Reggio d’Emilia e cambiano tutti i riferimenti. Qui, ricreare la sala dell’esposizione fatta all’epoca, che contiene tutti i quadri e il paesaggio di quella data. A fianco, gli oggetti prodotti in quella decade nel pianeta, che ci racconta la diversità, il persistere di punti di vista diversi nello stesso tempo, dalla statua canoviana a fianco della testa africana, la giubba garibaldina a fianco della camicia di un capo indiano”.
Un'altra sala, l’arca di Noè, già sperimentata con l’installazione del 2010, con animali dei depositi: “il Rapporto tra viventi è oggi una tappa obbligatoria. Occorre insistere, nel rapporto con la natura c’è il nostro destino. L’arca di Noè è la punizione divina per costringere i viventi a un nuovo contratto, per fermarsi, quando finisce il diluvio, e scrivere una nuova storia. Senza questo contratto non ce la faremo”. All’ultimo piano, “pochissimi interventi architettonici, mostre tematiche e le period room che ci ricorderanno dove viviamo e da dove veniamo”.
Riguardo alla possibilità di destinare l’ultimo piano a un ristorante con vista sulla piazza, l’architetto Rota ha affermato: “Piuttosto che destinarlo ad uffici per alcuni funzionari essendo un luogo che appartiene alla collettività è meglio se più persone ne possono godere.” “Sono stato incaricato dal Comune per queste cose, per altro non sono stato incaricato – ha concluso – Gli aspetti negoziabili sono all’interno di questo percorso, delle cose da fare”.
La presentazione è stata seguita da domande e interventi da parte del pubblico numeroso e del Comitato Amici dei Musei. L’assessore Catellani ha concluso ricordando che il percorso continuerà con attività specifiche e di partecipazione. Ha affermato di aver incontrato più volte il Comitato e che il confronto continuerà anche con la tavola rotonda proposta dallo stesso comitato. “E’ stato un percorso lineare che continuerà, in cui va riconosciuta l’onestà intellettuale dell’architetto Rota e l’onestà nelle procedure da parte dell’Amministrazione”.
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