giovedì 15 dicembre 2011
ORSI A NOVELLARA. Un bilancio del convegno sulla Gazzetta di Reggio
Novellara “riscopre” il patrimonio dell’artista Lelio Orsi
Successo per la due giorni organizzata per i 500 anni dalla nascita dell’artista cresciuto alla Corte dei Gonzaga
NOVELLARA
Le giornate di studi in occasione del cinquecentesimo anniversario della nascita di Lelio Orsi ha visto, nel teatro della Rocca, la presenza di numerosi relatori e di un pubblico numeroso. Per celebrare la figura di un grande manierista alla corte dei Gonzaga di Novellara, dove Orsi è nato e ha operato per gran parte della sua vita, che ancora oggi porta i segni del suo genio nelle principali emergenze storiche e architettoniche ed è presente con alcune importanti opere nel Museo Gonzaga. L'incontro si è articolato su due grandi filoni tematici: gli spazi pubblici del Rinascimento e la figura di Lelio Orsi. La mattinata è iniziata con i saluti del sindaco Raul Daoli, dell'assessore provinciale alla Cultura Mirko Tutino e dell'assessore comunale alla Cultura Paolo Santachiara; mentre la direttrice del Museo Gonzaga Elena Ghidini ha letto una bella lettera di Claudio Strinati, del ministero dei Beni culturali, che doveva presiedere i lavori ma è dovuto rimanere a Roma per le incombenze derivanti dall'insediamento del nuovo ministro.
Ha aperto la serie dei contributi Angelo Mazza, che nella sua veste di ispettore onorario per i beni storici e artistici ha seguito negli anni il processo di crescita e qualificazione del Museo Gonzaga, tracciando un quadro dei cicli decorativi nelle piccole corti padane.
Lo storico Massimo Pirondini, curatore della mostra di Orsi a Reggio del 1987, ha presentato le recenti acquisizioni del Museo Gonzaga, in particolare l’“Annunciazione”, uno splendido olio su tavola, dipinto per la devozione privata, che nel corso dei secoli è apparso e scomparso in diverse collezioni in Italia, in Inghilterra e in Argentina. Ritornata in Italia, fu acquistata dal notaio reggiano Carlo Veneri, la cui famiglia, dopo la sua morte, l'ha ceduta al Museo Gonzaga a condizioni straordinariamente convenienti.
Sull'opera giovanile dell'Orsi nel castello di Querciola è intervenuta l'architetto Maria Cristina Costa. Mentre l'architetto Giancarlo Grassi ha presentato un disegno inedito della facciata della cattedrale di Reggio. Ha concluso il presidente del Club Unesco di Reggio, Walter Baricchi, sul Rinascimento urbano nelle piccole capitali padane. Dopo il buffet e la visita alla piazza di Novellara, nel pomeriggio Pier Luigi Carofano dell'Università di Siena, ha formulato alcune precisazioni su una nuova versione del Cristo nell'Orto degli Olivi, fra il Correggio e Lelio Orsi. La storico dell'arte Alessandra Bigi Iotti ha trattato dell'attività alla corte dei Gonzaga di Novellara di due allievi dell'Orsi, Pietro Motta e Raffaellino da Reggio.
Al termine della giornata in programma la visita al Museo Gonzaga, dove, oltre alle altre opere orsiane del museo, è esposto (fino al 6 gennaio, per gentile concessione della Soprintendenza competente) anche il Ratto di Ganimede, uno dei primi affreschi realizzati dall'Orsi in Rocca, dipinto al centro della volta del camerino decorato di Donna Costanza da Correggio. Staccato e trasportato a Modena, insieme ad altre opere d'arte, per conto degli Estensi, alla metà dell'Ottocento.
Vittorio Ariosi
Le giornate di studi in occasione del cinquecentesimo anniversario della nascita di Lelio Orsi ha visto, nel teatro della Rocca, la presenza di numerosi relatori e di un pubblico numeroso. Per celebrare la figura di un grande manierista alla corte dei Gonzaga di Novellara, dove Orsi è nato e ha operato per gran parte della sua vita, che ancora oggi porta i segni del suo genio nelle principali emergenze storiche e architettoniche ed è presente con alcune importanti opere nel Museo Gonzaga. L'incontro si è articolato su due grandi filoni tematici: gli spazi pubblici del Rinascimento e la figura di Lelio Orsi. La mattinata è iniziata con i saluti del sindaco Raul Daoli, dell'assessore provinciale alla Cultura Mirko Tutino e dell'assessore comunale alla Cultura Paolo Santachiara; mentre la direttrice del Museo Gonzaga Elena Ghidini ha letto una bella lettera di Claudio Strinati, del ministero dei Beni culturali, che doveva presiedere i lavori ma è dovuto rimanere a Roma per le incombenze derivanti dall'insediamento del nuovo ministro.
Ha aperto la serie dei contributi Angelo Mazza, che nella sua veste di ispettore onorario per i beni storici e artistici ha seguito negli anni il processo di crescita e qualificazione del Museo Gonzaga, tracciando un quadro dei cicli decorativi nelle piccole corti padane.
Lo storico Massimo Pirondini, curatore della mostra di Orsi a Reggio del 1987, ha presentato le recenti acquisizioni del Museo Gonzaga, in particolare l’“Annunciazione”, uno splendido olio su tavola, dipinto per la devozione privata, che nel corso dei secoli è apparso e scomparso in diverse collezioni in Italia, in Inghilterra e in Argentina. Ritornata in Italia, fu acquistata dal notaio reggiano Carlo Veneri, la cui famiglia, dopo la sua morte, l'ha ceduta al Museo Gonzaga a condizioni straordinariamente convenienti.
Sull'opera giovanile dell'Orsi nel castello di Querciola è intervenuta l'architetto Maria Cristina Costa. Mentre l'architetto Giancarlo Grassi ha presentato un disegno inedito della facciata della cattedrale di Reggio. Ha concluso il presidente del Club Unesco di Reggio, Walter Baricchi, sul Rinascimento urbano nelle piccole capitali padane. Dopo il buffet e la visita alla piazza di Novellara, nel pomeriggio Pier Luigi Carofano dell'Università di Siena, ha formulato alcune precisazioni su una nuova versione del Cristo nell'Orto degli Olivi, fra il Correggio e Lelio Orsi. La storico dell'arte Alessandra Bigi Iotti ha trattato dell'attività alla corte dei Gonzaga di Novellara di due allievi dell'Orsi, Pietro Motta e Raffaellino da Reggio.
Al termine della giornata in programma la visita al Museo Gonzaga, dove, oltre alle altre opere orsiane del museo, è esposto (fino al 6 gennaio, per gentile concessione della Soprintendenza competente) anche il Ratto di Ganimede, uno dei primi affreschi realizzati dall'Orsi in Rocca, dipinto al centro della volta del camerino decorato di Donna Costanza da Correggio. Staccato e trasportato a Modena, insieme ad altre opere d'arte, per conto degli Estensi, alla metà dell'Ottocento.
Vittorio Ariosi
domenica 11 dicembre 2011
sabato 10 dicembre 2011
giovedì 1 dicembre 2011
DA PARMIGIANINO A PIAZZETTA. Prorogata la mostra di Guastalla fino al 6 gennaio 2012
martedì 22 novembre 2011
lunedì 21 novembre 2011
ORSI A NOVELLARA. Il convegno su La Gazzetta di Reggio del 17 novembre 2011
Era il figlio del capitano della porta del Castello dei Gonzaga di Novellara
NOVELLARA. Lelio Orsi (Novellara 1511-1587), ovvero Lelio da Nuvolara “in architettura magno, in pittura maggiore e in disegno optimo”, è – come ha scritto Giuliano Briganti parlando dell’artista novellarese, le cui opere caratterizzano tuttora il paese reggiano della Bassa – uno dei più affascinanti protagonisti in territorio emiliano di quell'età crepuscolare «ancora memore della classica naturalezza e dell'amore correggesco per le favole antiche, impreziosita dalle sottili alchimie della Maniera, dominata dalla luce dei cupi pensieri nati dal grande animo introverso di Michelangelo».Nato da Bartolomeo Orsi, capitano della porta del Castello dei Gonzaga di Novellara, Lelio ha trascorso i primi anni della sua vita a contatto con l'ambiente culturalmente stimolante della piccola e raffinata corte gonzaghesca.
Del suo apprendistato artistico si hanno scarse notizie. La sua prima opera giovanile conosciuta è il fregio con scene di lotte e d'amore, putti, satiri, cavalli, guerrieri, animali mostruosi e stemmi, della canonica della chiesa del castello di Querciola; con già la misura di una vivace inventiva e più di un eco dell'influsso di Giulio Romano.
Accusato di complicità in un fatto di sangue a Reggio Emilia (al quale risultò poi totalmente estraneo), nel 1546 Lelio Orsi si rifugiò definitivamente a Novellara, protetto dai Gonzaga, di cui diventò ben presto artista di corte.
Un viaggio a Venezia fu l'occasione per venire a contatto con la pittura veneziana e di conoscere alcuni pittori tedeschi e fiamminghi. Durante un lungo soggiorno a Roma, presso la corte pontificia, al seguito del conte Alfonso Gonzaga, la lezione michelangiolesca segnò profondamente la sua formazione artistica.
Il 1563 fu l'anno di inizio, nella piccola capitale gonzaghesca, di una stagione di intense attività edilizie e pittoriche, con Lelio Orsi nel ruolo di eclettico “genius loci”.
Su suo progetto furono realizzate diverse emergenze architettoniche, alcune delle quali ancora oggi caratterizzano Novellara: dalla chiesa collegiata di Santo Stefano alla casa di probazione dei Gesuiti, dalle due "delizie" gonzaghesche, al piano nobile e al loggiato della Rocca.
Tutte opere caratterizzate da dovizia di affreschi all'interno e all'esterno degli edifici.
L'ultima sua opera fu il disegno della Madonna della Ghiara, dipinta poi dal Bertone per la cattedrale di Reggio.
In occasione del quattrocentesimo anniversario della morte, celebrato nel 1987, enti pubblici e privati hanno dedicato a “Lelio Orsi da Nuvolara”, fra Reggio Emilia e Novellara, una straordinaria mostra antologica, una mostra di opere di suoi allievi e un convegno internazionale di studi. Ora si celebra il cinquecentesimo anniversario della nascita.
17 novembre 2011
Nato da Bartolomeo Orsi, capitano della porta del Castello dei Gonzaga di Novellara, Lelio ha trascorso i primi anni della sua vita a contatto con l'ambiente culturalmente stimolante della piccola e raffinata corte gonzaghesca.
Del suo apprendistato artistico si hanno scarse notizie. La sua prima opera giovanile conosciuta è il fregio con scene di lotte e d'amore, putti, satiri, cavalli, guerrieri, animali mostruosi e stemmi, della canonica della chiesa del castello di Querciola; con già la misura di una vivace inventiva e più di un eco dell'influsso di Giulio Romano.
Accusato di complicità in un fatto di sangue a Reggio Emilia (al quale risultò poi totalmente estraneo), nel 1546 Lelio Orsi si rifugiò definitivamente a Novellara, protetto dai Gonzaga, di cui diventò ben presto artista di corte.
Un viaggio a Venezia fu l'occasione per venire a contatto con la pittura veneziana e di conoscere alcuni pittori tedeschi e fiamminghi. Durante un lungo soggiorno a Roma, presso la corte pontificia, al seguito del conte Alfonso Gonzaga, la lezione michelangiolesca segnò profondamente la sua formazione artistica.
Il 1563 fu l'anno di inizio, nella piccola capitale gonzaghesca, di una stagione di intense attività edilizie e pittoriche, con Lelio Orsi nel ruolo di eclettico “genius loci”.
Su suo progetto furono realizzate diverse emergenze architettoniche, alcune delle quali ancora oggi caratterizzano Novellara: dalla chiesa collegiata di Santo Stefano alla casa di probazione dei Gesuiti, dalle due "delizie" gonzaghesche, al piano nobile e al loggiato della Rocca.
Tutte opere caratterizzate da dovizia di affreschi all'interno e all'esterno degli edifici.
L'ultima sua opera fu il disegno della Madonna della Ghiara, dipinta poi dal Bertone per la cattedrale di Reggio.
In occasione del quattrocentesimo anniversario della morte, celebrato nel 1987, enti pubblici e privati hanno dedicato a “Lelio Orsi da Nuvolara”, fra Reggio Emilia e Novellara, una straordinaria mostra antologica, una mostra di opere di suoi allievi e un convegno internazionale di studi. Ora si celebra il cinquecentesimo anniversario della nascita.
Del suo apprendistato artistico si hanno scarse notizie. La sua prima opera giovanile conosciuta è il fregio con scene di lotte e d'amore, putti, satiri, cavalli, guerrieri, animali mostruosi e stemmi, della canonica della chiesa del castello di Querciola; con già la misura di una vivace inventiva e più di un eco dell'influsso di Giulio Romano.
Accusato di complicità in un fatto di sangue a Reggio Emilia (al quale risultò poi totalmente estraneo), nel 1546 Lelio Orsi si rifugiò definitivamente a Novellara, protetto dai Gonzaga, di cui diventò ben presto artista di corte.
Un viaggio a Venezia fu l'occasione per venire a contatto con la pittura veneziana e di conoscere alcuni pittori tedeschi e fiamminghi. Durante un lungo soggiorno a Roma, presso la corte pontificia, al seguito del conte Alfonso Gonzaga, la lezione michelangiolesca segnò profondamente la sua formazione artistica.
Il 1563 fu l'anno di inizio, nella piccola capitale gonzaghesca, di una stagione di intense attività edilizie e pittoriche, con Lelio Orsi nel ruolo di eclettico “genius loci”.
Su suo progetto furono realizzate diverse emergenze architettoniche, alcune delle quali ancora oggi caratterizzano Novellara: dalla chiesa collegiata di Santo Stefano alla casa di probazione dei Gesuiti, dalle due "delizie" gonzaghesche, al piano nobile e al loggiato della Rocca.
Tutte opere caratterizzate da dovizia di affreschi all'interno e all'esterno degli edifici.
L'ultima sua opera fu il disegno della Madonna della Ghiara, dipinta poi dal Bertone per la cattedrale di Reggio.
In occasione del quattrocentesimo anniversario della morte, celebrato nel 1987, enti pubblici e privati hanno dedicato a “Lelio Orsi da Nuvolara”, fra Reggio Emilia e Novellara, una straordinaria mostra antologica, una mostra di opere di suoi allievi e un convegno internazionale di studi. Ora si celebra il cinquecentesimo anniversario della nascita.
17 novembre 2011
ORSI A NOVELLARA. Il convegno sul Carlino online del 17 novembre 2011
Finalmente ritorna "Il ratto di Gianimede"
L'affresco di Lelio Orsi
A Novellara, nel teatro della Rocca, da domani un convegno di studi
Il Ratto di Gianimede di Lelio Orsi
Reggio Emilia, 17 novembre 2011 – A Novellara, nel teatro della Rocca, domani dalle 10 si svolge un convegno di studi di Lelio Orsi, oltre alle visite guidate in programma pure domenica. In questa importante circostanza sarà esposto l’affresco raffigurante il "ratto di Ganimede". Un modo in più per festeggiare i 500 anni di Lelio Orsi.
L’opera, della metà del Cinquecento che fu commissionata all’Orsi da Costanza da Correggio e occupava la volta di una stanza nella rocca dei Gonzaga. L’affresco rimarrà al museo Gonzaga di Novellara da sabato 19 novembre sino al prossimo 6 gennaio 2012.
Tra i ricchissimi materiali che vanta il museo da ricordare gli affreschi romanico bizantini della chiesa di San Giovanni della Fossa, il ciclo di affreschi di Lelio Orsi provenienti dal Casino di Sopra e in deposito dalla Galleria Estense; l'"Annunciazione" di Lelio Orsi; il prezioso arazzo di Alfonso I Gonzaga (datato 1554); la serie dei ritratti della famiglia Gonzaga di Novellara; la preziosa collezione di vasi di ceramica della antica Spezieria dei Gesuiti.
L’opera, della metà del Cinquecento che fu commissionata all’Orsi da Costanza da Correggio e occupava la volta di una stanza nella rocca dei Gonzaga. L’affresco rimarrà al museo Gonzaga di Novellara da sabato 19 novembre sino al prossimo 6 gennaio 2012.
Tra i ricchissimi materiali che vanta il museo da ricordare gli affreschi romanico bizantini della chiesa di San Giovanni della Fossa, il ciclo di affreschi di Lelio Orsi provenienti dal Casino di Sopra e in deposito dalla Galleria Estense; l'"Annunciazione" di Lelio Orsi; il prezioso arazzo di Alfonso I Gonzaga (datato 1554); la serie dei ritratti della famiglia Gonzaga di Novellara; la preziosa collezione di vasi di ceramica della antica Spezieria dei Gesuiti.
ORSI A NOVELLARA. Intervista a Massimo Pirondini sul Giornale di Reggio
Novellara riscopre le grandi opere del pittore Lelio Orsi
Le iniziative per il 500.mo anniversario della nascita e il “ritorno” da Modena del “Ratto di Ganimede”
NOVELLARA
Oggi, nella giornata di studi organizzata nel teatro della Rocca a Novellara in occasione del cinquecentesimo anniversario della nascita di Lelio Orsi, fra gli undici relatori sulla figura di Lelio Orsi e la cultura del suo tempo c'è anche Massimo Pirondini, lo storico dell'arte reggiano che fra l'altro ha curato la straordinaria mostra antologica nelle sale del teatro municipale di Reggio Emilia nel 1987, in occasione del cinquecentesimo anniversario della morte dell'Orsi: un'occasione unica per vedere insieme quasi tutte le sue maggiori opere, sparse nei vari musei del mondo.
Pirondini, che al convegno di Novellara, parlerà degli ultimi acquisti orsiani del museo Gonzaga, è fra gli storici dell'arte che più hanno studiato l'opera e la vita di Lelio Orsi.
Perchè Lelio Orsi è ancora oggi relativamente poco conosciuto?
«Lelio Orsi è certamente, con il Correggio e con Nicolò dell'Abate, fra i maggiori protagonisti di quella splendida stagione artistica che nel Cinquecento interessò anche le piccole corti intorno a Reggio. E’ un artista straordinario, ben noto agli studiosi e agli addetti ai lavori ma ancora oggi relativamente poco conosciuto, essenzialmente per tre ragioni. Trascorse gran parte della sua vita in provincia, fra Novellara e Reggio, in una zona, l'Emilia occidentale, trascurata dalla grande storiografia del tempo: Vasari dedicò poche pagine al Correggio e ignorò del tutto Lelio Orsi. Inoltre molti dei suoi dipinti sono andati perduti, così come gli affreschi. I suoi disegni, oggi in gran parte al Louvre e nei più importanti musei inglesi e statunitensi, erano già allora per pochi raffinati collezionisti ed intenditori, non certo destinati al grande pubblico. Infine la sua era una cultura di corte, la cultura della Maniera, dai temi spesso ermetici, sottovalutata fino alla metà del secolo scorso. La nuova considerazione in cui oggi si tengono questi artisti è testimoniata dai prezzi altissimi raggiunti dalle loro opere; il piccolo rame orsiano con Leda e il cigno, ad esempio, ad un'asta Sotheby’s di New York nel 2008 è stato pagato un milione e 27 mila euro».
Nel catalogo della mostra del 1987 lei ha messo in dubbio il fatto che il 1511 sia effettivamente l'anno di nascita dell'Orsi.
«E’ nato sicuramente a Novellara, dove suo padre era capitano della porta del castello. Tradizionalmente, fino a tempi relativamente recenti, si è ritenuto che la data di nascita fosse il 1511 ricavandola dalla sua lapide sepolcrale, che lo dice morto a 76 anni nel 1587. Alcuni documenti ritrovati in occasione della mostra hanno giustificato però un ragionevole dubbio su tale data. In particolare il rinvenimento di un rogito del 1528 in cui Lelio risulta testimone, cosa per la quale occorreva avere almeno 20 anni, suggeriscono di retrodatare la sua nascita a non oltre il 1508».
Dopo la mostra di Reggio lei ha seguito l'impegno dell'Amministrazione comunale per acquisire al museo Gonzaga nuove opere orsiane.
«Si, con risultati soddisfacenti, se si considera la scarsità dei mezzi a disposizione. La principale acquisizione è statacertamente l’Annunciazione, un olio su tavola acquistato nel 2002 in una fortunata occasione, ora fra i pezzi di maggiore pregio del museo Gonzaga. Altre acquisizioni minori ma importanti sono il disegno a penna e inchiostro Trionfo di Galatea con tritoni e creature marine, e lo Studio per un fregio con satiri, tritoni e nereidi».
Vittorio Ariosi
Oggi, nella giornata di studi organizzata nel teatro della Rocca a Novellara in occasione del cinquecentesimo anniversario della nascita di Lelio Orsi, fra gli undici relatori sulla figura di Lelio Orsi e la cultura del suo tempo c'è anche Massimo Pirondini, lo storico dell'arte reggiano che fra l'altro ha curato la straordinaria mostra antologica nelle sale del teatro municipale di Reggio Emilia nel 1987, in occasione del cinquecentesimo anniversario della morte dell'Orsi: un'occasione unica per vedere insieme quasi tutte le sue maggiori opere, sparse nei vari musei del mondo.
Pirondini, che al convegno di Novellara, parlerà degli ultimi acquisti orsiani del museo Gonzaga, è fra gli storici dell'arte che più hanno studiato l'opera e la vita di Lelio Orsi.
Perchè Lelio Orsi è ancora oggi relativamente poco conosciuto?
«Lelio Orsi è certamente, con il Correggio e con Nicolò dell'Abate, fra i maggiori protagonisti di quella splendida stagione artistica che nel Cinquecento interessò anche le piccole corti intorno a Reggio. E’ un artista straordinario, ben noto agli studiosi e agli addetti ai lavori ma ancora oggi relativamente poco conosciuto, essenzialmente per tre ragioni. Trascorse gran parte della sua vita in provincia, fra Novellara e Reggio, in una zona, l'Emilia occidentale, trascurata dalla grande storiografia del tempo: Vasari dedicò poche pagine al Correggio e ignorò del tutto Lelio Orsi. Inoltre molti dei suoi dipinti sono andati perduti, così come gli affreschi. I suoi disegni, oggi in gran parte al Louvre e nei più importanti musei inglesi e statunitensi, erano già allora per pochi raffinati collezionisti ed intenditori, non certo destinati al grande pubblico. Infine la sua era una cultura di corte, la cultura della Maniera, dai temi spesso ermetici, sottovalutata fino alla metà del secolo scorso. La nuova considerazione in cui oggi si tengono questi artisti è testimoniata dai prezzi altissimi raggiunti dalle loro opere; il piccolo rame orsiano con Leda e il cigno, ad esempio, ad un'asta Sotheby’s di New York nel 2008 è stato pagato un milione e 27 mila euro».
Nel catalogo della mostra del 1987 lei ha messo in dubbio il fatto che il 1511 sia effettivamente l'anno di nascita dell'Orsi.
«E’ nato sicuramente a Novellara, dove suo padre era capitano della porta del castello. Tradizionalmente, fino a tempi relativamente recenti, si è ritenuto che la data di nascita fosse il 1511 ricavandola dalla sua lapide sepolcrale, che lo dice morto a 76 anni nel 1587. Alcuni documenti ritrovati in occasione della mostra hanno giustificato però un ragionevole dubbio su tale data. In particolare il rinvenimento di un rogito del 1528 in cui Lelio risulta testimone, cosa per la quale occorreva avere almeno 20 anni, suggeriscono di retrodatare la sua nascita a non oltre il 1508».
Dopo la mostra di Reggio lei ha seguito l'impegno dell'Amministrazione comunale per acquisire al museo Gonzaga nuove opere orsiane.
«Si, con risultati soddisfacenti, se si considera la scarsità dei mezzi a disposizione. La principale acquisizione è statacertamente l’Annunciazione, un olio su tavola acquistato nel 2002 in una fortunata occasione, ora fra i pezzi di maggiore pregio del museo Gonzaga. Altre acquisizioni minori ma importanti sono il disegno a penna e inchiostro Trionfo di Galatea con tritoni e creature marine, e lo Studio per un fregio con satiri, tritoni e nereidi».
Vittorio Ariosi
19 novembre 2011
ORSI A NOVELLARA. Alcune immagini dal convegno
Elena Ghidini e Angelo Mazza
Massimo Pirondini
Un'immagine dal convegno
Pierluigi Carofano e Marco Ciampolini
mercoledì 16 novembre 2011
domenica 30 ottobre 2011
Convegno ORSI A NOVELLARA sul sito dell'Istituto Beni Culturali
Dal sito
Per celebrare i cinquecento anni dalla nascita di Lelio Orsi il Comune di Novellara, in collaborazione con la Provincia di Reggio Emilia e la Soprintendenza BSAE di Modena e Reggio Emilia ha organizzato una giornata di studi che si svolgerà il 19 novembre 2011 nel Teatro della Rocca. Si inizierà alle ore 10 con i saluti delle autorità che saranno seguiti alle ore 11 da diversi interventi di storici dell’arte. La conclusione dei lavori è prevista per le ore 17,30 con la visita al Museo Gonzaga dove sarà esposto, per gentile concessione della Soprintendenza per i Beni Artistici di Modena e Reggio Emilia, il “Ratto di Ganimede” affresco staccato nel 1845 da un camerino della Rocca.
Convegni
Orsi a Novellara: un grande manierista in una piccola corte
Per celebrare i cinquecento anni dalla nascita di Lelio Orsi il Comune di Novellara, in collaborazione con la Provincia di Reggio Emilia e la Soprintendenza BSAE di Modena e Reggio Emilia ha organizzato una giornata di studi che si svolgerà il 19 novembre 2011 nel Teatro della Rocca. Si inizierà alle ore 10 con i saluti delle autorità che saranno seguiti alle ore 11 da diversi interventi di storici dell’arte. La conclusione dei lavori è prevista per le ore 17,30 con la visita al Museo Gonzaga dove sarà esposto, per gentile concessione della Soprintendenza per i Beni Artistici di Modena e Reggio Emilia, il “Ratto di Ganimede” affresco staccato nel 1845 da un camerino della Rocca.
Le visite guidate ai luoghi orsiani di Novellara continueranno anche domenica 20.
(Si veda programma in allegato)
Lelio Orsi (Novellara 1511 – 1587), una delle maggiori personalità artistiche del Cinquecento emiliano è stato per quarant’anni artista alla corte dei Gonzaga di Novellara. Fu un artista completo, pittore, disegnatore, scenografo, architetto. La Novellara rinascimentale è rimasta profondamente segnata dalla sua impronta; ha elaborato il disegno per il centro storico con le case porticate che si affacciano sulla piazza e progettato e decorato diversi edifici su commissione dei Gonzaga. Tra le sue imprese più impegnative è da segnalare quella della decorazione del salone centrale del Casino di sopra. Si tratta del più vasto e articolato progetto decorativo dell’Orsi, ora esposto presso il Museo Gonzaga, in deposito dalla Soprintendenza per i beni Artistici di Modena e Reggio Emilia.
lunedì 24 ottobre 2011
ORSI A NOVELLARA Un convegno in collaborazione con A Regola d'Arte
Il 19 novembre si svolgerà a Novellara una giornata di studi sul pittore Lelio Orsi
A Regola d'Arte ha collaborato alla realizzazione dell'evento
e invita a una partecipazione numerosa
domenica 9 ottobre 2011
venerdì 30 settembre 2011
DA PARMIGIANINO A PIAZZETTA. Visite guidate con "A Regola d'Arte" - Visita guidata
Ai recapiti dell'Associazioni è possibile richiedere informazioni per visite guidate alla mostra di Guastalla "Da Parmigianino a Piazzetta".
mercoledì 28 settembre 2011
lunedì 26 settembre 2011
From Parmigianino To Piazzetta. Heads, Animals And Bizarre Thoughts In The Pictures Of The Estense Gallery (www.arcadja.com)
From Parmigianino To Piazzetta. Heads, Animals And Bizarre Thoughts In The Pictures Of The Estense Gallery
http://www.arcadja.com/artmagazine/en/2011/08/30/%EF%BB%BFfrom-parmigianino-to-piazzetta-heads-animals-and-bizarre-thoughts-in-the-pictures-of-the-estense-gallery/
A princely collection in the residence of a Duke: the royal palace of Ferrante Gonzaga in Guastalla, Emilia Romagna, restored to its former dignity, is hosting an exhibition dedicated to the secret passion of another dynasty, the House of Este, for collecting pictures. The two ducal Houses were related to each other for centuries, up to the last Este-Gonzaga marriage in 1648, between Margherita, the daughter of Alfonso III, the “Capuchin Duke”, and duke Ferrante III of Guastalla.
The exhibition is not proposing just “any” work, but curious, particular, unusual works, evidence of a trend that exploded in the European courts from the 16th century and found in the Dukes of Este particularly careful and qualified collectors.
All the pictures come from the Estense Gallery in Modena, the city where the House of Este settled with their court after the devolution of their capital, Ferrara, to the papacy. Most of these works have never been displayed to the public before now.
The Este family preferred, not for economic matters but for passion, works that one time may have been considered simple studies or trials of an artist, their most private works. They proved to appreciate the most outdated and exotic genres and characters, but also the non-noble portraits, sketches of a face rendered in its expressive naturalness, the pose of an animal. All profane subjects, an aspect which makes the exhibition even more rare.
These works were found at markets or artists’ workshops, and they contributed to enriching one of the most original and richest collections in Italy. Even the title of the exhibition, From Parmigianino to Piazzetta, offers a precise indication of the size and importance of the graphic collection of the Estense Gallery.
From 24th September to 4th December, a very meaningful selection of this collection (about seventy works) will be presented in Guastalla in an exhibition curated by Giovanna Paolozzi Strozzi and promoted by the City of Guastalla and by the Superintendency for Historical, Artistic and Ethno-anthropological Heritage of Modena and Reggio Emilia.
Different pictures compose actual sections in the sections. So we find a core of works by Giuseppe Maria Mitelli, imaginative reporter of everyday life. Then Giovan Maria Tamburini’s bubbly and ironic caricatures and the Busts of Emperors drawn from Titian’s famous cycle of Mantua by Bartolomeo Passerotti, an eclectic artist, very fine drawer and lover and collector of antiques.
A special place is reserved to the Carraccis and their “natural portraits” characterised by a shrewd technique, free from any constraint. Not less extraordinary are the Heads of Piazzetta, a genre that the Venetian artist applied himself to very successfully.
Another part of the collection is also reserved to exotic curiosities. They describe journeys in faraway lands, but also new scientific studies, of that world of researchers that in Bologna referred to Ulisse Aldrovandi. Finally, the animals, a genre that the House of Este were dedicated to with particular interest, collecting absolute masterpieces.
The Estense collection will be on view in the Ducal Palace wanted by the successors of Ferrante Gonzaga on the pre-existing “Palazzo Nuovo” of the Torello counts. The building, re-opened after long restoration works, documents a history that started in 1539, when the Gonzagas took on the lordship of Guastalla with Ferrante, the third son of Francesco II and Isabella d’Este, famous field marshal of Charles V, duke of Ariano and prince of Molfetta. The first moment of splendour of the residence can be ascribed to the lordship of Ferrante II who, when his wedding to Vittoria Doria was drawing close, wanted to “make Guastalla, and the Palace in particular, more attractive”, taking care of decorating it to make it marvellous. The Palace was already organised around the large square, central and entirely porched courtyard, which on the eastern side led into the “great garden”, while the offices overlooked Gonzaga street, the theatre and the “conversation rooms” in the northern wing, and the southern and eastern sides of the courtyard housed the apartments and service areas.
Sovereign palace in the 18th century, it competed for size and structure of the Court with Turin, Florence, Modena and Parma, where the last Italian dynasties had settled. After the death of the last duke, Giuseppe Maria Gonzaga, cousin of the duke of Modena Francesco III d’Este, in the mid 18th century, the dukedom went to the House of Borbone, constituting the State of Parma, Piacenza and Guastalla. In 1896, the Ducal Palace was bought by the industrialist Flavio Mossina who made some changes to the building which still characterise it nowadays, fractioning the spaces, and having the antique rooms decorated according to the Liberty style in vogue at the time. In spite of the stylistic changes, the ducal rooms never lost their charm, and Bernardo Bertolucci even wanted to film in these unforgettable rooms some scenes of “Novecento – Atto I”.
Between 1997 and 1998, the City of Guastalla decided to purchase the building, turning it into the premises of the City Museum and, as proven by this exhibition, now even the venue of important exhibitive events.
From 24th September to 4th December 2011
DA PARMIGIANINO A PIAZZETTA
Palazzo Ducale, Guastalla (RE)
Information: UIT (+39) 0522/219812 – Ufficio Cultura – (+39) 0522/839757/60 eventieculture@comune.guastalla.re.it
Opening times: Wednesday from 9.30 am to 12.30 pm and from 3.30 pm to 7.00 pm; Saturday and Sunday from 9.30 am to 7.00 pm; closed on Mondays; Tuesday, Thursday and Friday – open upon request.
Entrance: full 7 euros; reduced 4 euros.
http://www.arcadja.com/artmagazine/en/2011/08/30/%EF%BB%BFfrom-parmigianino-to-piazzetta-heads-animals-and-bizarre-thoughts-in-the-pictures-of-the-estense-gallery/
A princely collection in the residence of a Duke: the royal palace of Ferrante Gonzaga in Guastalla, Emilia Romagna, restored to its former dignity, is hosting an exhibition dedicated to the secret passion of another dynasty, the House of Este, for collecting pictures. The two ducal Houses were related to each other for centuries, up to the last Este-Gonzaga marriage in 1648, between Margherita, the daughter of Alfonso III, the “Capuchin Duke”, and duke Ferrante III of Guastalla.
The exhibition is not proposing just “any” work, but curious, particular, unusual works, evidence of a trend that exploded in the European courts from the 16th century and found in the Dukes of Este particularly careful and qualified collectors.
All the pictures come from the Estense Gallery in Modena, the city where the House of Este settled with their court after the devolution of their capital, Ferrara, to the papacy. Most of these works have never been displayed to the public before now.
The Este family preferred, not for economic matters but for passion, works that one time may have been considered simple studies or trials of an artist, their most private works. They proved to appreciate the most outdated and exotic genres and characters, but also the non-noble portraits, sketches of a face rendered in its expressive naturalness, the pose of an animal. All profane subjects, an aspect which makes the exhibition even more rare.
These works were found at markets or artists’ workshops, and they contributed to enriching one of the most original and richest collections in Italy. Even the title of the exhibition, From Parmigianino to Piazzetta, offers a precise indication of the size and importance of the graphic collection of the Estense Gallery.
From 24th September to 4th December, a very meaningful selection of this collection (about seventy works) will be presented in Guastalla in an exhibition curated by Giovanna Paolozzi Strozzi and promoted by the City of Guastalla and by the Superintendency for Historical, Artistic and Ethno-anthropological Heritage of Modena and Reggio Emilia.
Different pictures compose actual sections in the sections. So we find a core of works by Giuseppe Maria Mitelli, imaginative reporter of everyday life. Then Giovan Maria Tamburini’s bubbly and ironic caricatures and the Busts of Emperors drawn from Titian’s famous cycle of Mantua by Bartolomeo Passerotti, an eclectic artist, very fine drawer and lover and collector of antiques.
A special place is reserved to the Carraccis and their “natural portraits” characterised by a shrewd technique, free from any constraint. Not less extraordinary are the Heads of Piazzetta, a genre that the Venetian artist applied himself to very successfully.
Another part of the collection is also reserved to exotic curiosities. They describe journeys in faraway lands, but also new scientific studies, of that world of researchers that in Bologna referred to Ulisse Aldrovandi. Finally, the animals, a genre that the House of Este were dedicated to with particular interest, collecting absolute masterpieces.
The Estense collection will be on view in the Ducal Palace wanted by the successors of Ferrante Gonzaga on the pre-existing “Palazzo Nuovo” of the Torello counts. The building, re-opened after long restoration works, documents a history that started in 1539, when the Gonzagas took on the lordship of Guastalla with Ferrante, the third son of Francesco II and Isabella d’Este, famous field marshal of Charles V, duke of Ariano and prince of Molfetta. The first moment of splendour of the residence can be ascribed to the lordship of Ferrante II who, when his wedding to Vittoria Doria was drawing close, wanted to “make Guastalla, and the Palace in particular, more attractive”, taking care of decorating it to make it marvellous. The Palace was already organised around the large square, central and entirely porched courtyard, which on the eastern side led into the “great garden”, while the offices overlooked Gonzaga street, the theatre and the “conversation rooms” in the northern wing, and the southern and eastern sides of the courtyard housed the apartments and service areas.
Sovereign palace in the 18th century, it competed for size and structure of the Court with Turin, Florence, Modena and Parma, where the last Italian dynasties had settled. After the death of the last duke, Giuseppe Maria Gonzaga, cousin of the duke of Modena Francesco III d’Este, in the mid 18th century, the dukedom went to the House of Borbone, constituting the State of Parma, Piacenza and Guastalla. In 1896, the Ducal Palace was bought by the industrialist Flavio Mossina who made some changes to the building which still characterise it nowadays, fractioning the spaces, and having the antique rooms decorated according to the Liberty style in vogue at the time. In spite of the stylistic changes, the ducal rooms never lost their charm, and Bernardo Bertolucci even wanted to film in these unforgettable rooms some scenes of “Novecento – Atto I”.
Between 1997 and 1998, the City of Guastalla decided to purchase the building, turning it into the premises of the City Museum and, as proven by this exhibition, now even the venue of important exhibitive events.
From 24th September to 4th December 2011
DA PARMIGIANINO A PIAZZETTA
Palazzo Ducale, Guastalla (RE)
Information: UIT (+39) 0522/219812 – Ufficio Cultura – (+39) 0522/839757/60 eventieculture@comune.guastalla.re.it
Opening times: Wednesday from 9.30 am to 12.30 pm and from 3.30 pm to 7.00 pm; Saturday and Sunday from 9.30 am to 7.00 pm; closed on Mondays; Tuesday, Thursday and Friday – open upon request.
Entrance: full 7 euros; reduced 4 euros.
domenica 25 settembre 2011
sabato 24 settembre 2011
DA PARMIGIANINO A PIAZZETTA su Cremonaoggi
Folla a Guastalla per i disegni della Galleria Estense
24 settembre, 2011
Taglio del nastro a Palazzo Ducale con il Soprintendente ai Beni storici di Modena e Reggio. In mostra 72 opere curiose e inconsuete: “Da Parmigianino a Piazzetta”. La rassegna occupa una ventina di sale e resterà aperta fino al 4 dicembre.
Guastalla – C’era il pubblico delle grandi occasioni alla inaugurazione (venerdì sera, ore 18.00) a Palazzo Ducale della mostra “Da Parmigianino a Piazzetta: teste, animali, e pensieri bizzarri nei disegni della Galleria Estense”. Una rassegna che attinge alla collezione principesca del Duca d’Este di Modena (imparentato con il duca Ferrante III Gonzaga di Guastalla) 55 opere della quale, su 72, non sono mai state mostrate al pubblico.
“Questa è una mostra anche didattica, adatta per le scuole” ha detto il sindaco Giorgio Benaglia nel suo veloce saluto introduttivo. Ha aggiunto il Soprintendente ai Beni Storici ed Etnoantropologici delle province di Modena e Reggio, Stefano Casciu:”La Galleria Estense è uno scrigno di capolavori e di sorprese artistiche di ogni genere, ancora poco nota al grande pubblico e agli stessi specialisti. Questa è davvero una bella mostra; bella e raffinata. Verranno a vederla specialisti da ogni parte d’Italia, il tam tam è già partito. Ma speriamo che vengano tanti altri visitatori. Pure il catalogo è corposo e fatto molto bene”.
L’assessore provinciale alla Cultura, Tutino, ha fatto i complimenti alla amministrazione di Guastalla ricordando che “investire in cultura, conviene”. L’assessore alla Cultura del comune di Guastalla, Eugenio Bartoli, ha esprtesso la sua soddisfazione per aver riportato la città ain una sua adeguata collocazione.Ha concluso gli interventi la curatrice Giovanna Pasolozzi Strozzi che ha illustrato le cinque sezioni della mostra soffermandosi sulle peculiarità dei maestri, specieil Mitelli, il Tamburini ,il Passerotti e il Parmigianino (di cui è esposto il celebre “Gambero rosso”.
La mostra sabato e domenica resterà aperta fino alle ore 18.30.Ingresso 7 euro (ridotti 4 euro).
Enrico Pirondini
24 settembre, 2011
Taglio del nastro a Palazzo Ducale con il Soprintendente ai Beni storici di Modena e Reggio. In mostra 72 opere curiose e inconsuete: “Da Parmigianino a Piazzetta”. La rassegna occupa una ventina di sale e resterà aperta fino al 4 dicembre.
Guastalla – C’era il pubblico delle grandi occasioni alla inaugurazione (venerdì sera, ore 18.00) a Palazzo Ducale della mostra “Da Parmigianino a Piazzetta: teste, animali, e pensieri bizzarri nei disegni della Galleria Estense”. Una rassegna che attinge alla collezione principesca del Duca d’Este di Modena (imparentato con il duca Ferrante III Gonzaga di Guastalla) 55 opere della quale, su 72, non sono mai state mostrate al pubblico.
“Questa è una mostra anche didattica, adatta per le scuole” ha detto il sindaco Giorgio Benaglia nel suo veloce saluto introduttivo. Ha aggiunto il Soprintendente ai Beni Storici ed Etnoantropologici delle province di Modena e Reggio, Stefano Casciu:”La Galleria Estense è uno scrigno di capolavori e di sorprese artistiche di ogni genere, ancora poco nota al grande pubblico e agli stessi specialisti. Questa è davvero una bella mostra; bella e raffinata. Verranno a vederla specialisti da ogni parte d’Italia, il tam tam è già partito. Ma speriamo che vengano tanti altri visitatori. Pure il catalogo è corposo e fatto molto bene”.
L’assessore provinciale alla Cultura, Tutino, ha fatto i complimenti alla amministrazione di Guastalla ricordando che “investire in cultura, conviene”. L’assessore alla Cultura del comune di Guastalla, Eugenio Bartoli, ha esprtesso la sua soddisfazione per aver riportato la città ain una sua adeguata collocazione.Ha concluso gli interventi la curatrice Giovanna Pasolozzi Strozzi che ha illustrato le cinque sezioni della mostra soffermandosi sulle peculiarità dei maestri, specieil Mitelli, il Tamburini ,il Passerotti e il Parmigianino (di cui è esposto il celebre “Gambero rosso”.
La mostra sabato e domenica resterà aperta fino alle ore 18.30.Ingresso 7 euro (ridotti 4 euro).
Enrico Pirondini
DA PARMIGIANINO A PIAZZETTA. L'allestimento
DA PARMIGIANINO A PIAZZETTA. Un catalogo "A Regola d'Arte"
domenica 7 agosto 2011
DA PARMIGIANINO A PIAZZETTA. Teste, animali e pensieri bizzarri nei disegni della Galleria Estense
DA PARMIGIANINO A PIAZZETTA. Teste, animali e pensieri bizzarri nei disegni della Galleria Estense
Guastalla (RE) , Palazzo Ducale
Dal 24 settembre al 4 dicembre 2011
Comunicato stampa
Una collezione principesca nella dimora di un Duca: la Reggia di Ferrante Gonzaga a Guastalla, nel Reggiano, cui un lungo intervento di restauro ha restituito l’antica dignità, ospita una mostra che racconta una segreta passione di un’altra dinastia, quella degli Este, per il collezionismo di disegni. Due Case ducali, imparentate da secoli, che ebbero con Margherita, figlia di Alfonso III, il “Duca Cappuccino”, andata in sposa al duca Ferrante III di Guastalla, l’ultimo matrimonio Este – Gonzaga, nel 1648.
L’esposizione non propone dunque disegni “qualunque” bensì opere curiose, particolari, inconsuete, testimonianze d’eccezione di un gusto che esplose nelle Corti europee a partire dal Cinquecento e che ebbe nei Duchi d’Este collezionisti particolarmente attenti e qualificati.
Tutti i disegni provengono dalla Galleria Estense di Modena, città dove gli Este insediarono la loro corte dopo la Devoluzione della loro capitale, Ferrara, al Papato. Nella quasi totalità si tratta di opere mai sino ad oggi esposte al pubblico.
Il collezionismo ducale estense privilegiava, e non per questioni economiche ma per passione, quelli che un tempo potevano essere considerati semplici studi o prove d'artista, le opere più private, quindi. Gli Este mostrano di amare i generi, i personaggi più desueti ed esotici, ma anche i ritratti non aulici, lo schizzo di un volto reso nella sua naturalezza espressiva, la posa di un animale. Soggetti tutti profani, aspetto che rende ancora più rara la mostra.
Gli agenti estensi reperivano queste opere sul mercato e negli stessi studi degli artisti, contribuendo ad arricchire una collezione tra le più originali e ricche in Italia .
Già il titolo della mostra, “Da Parmigianino a Piazzetta” offre una precisa indicazione dell’ampiezza e dell’importanza della collezione di grafica della Galleria Estense.
A Guastalla, dal 24 settembre al 4 dicembre, ne viene presentata una selezione molto significativa (una settantina di opere) in una mostra curata da Giovanna Paolozzi Strozzi e promossa dal Comune di Guastalla e dalla Soprintendenza ai Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici di Modena e Reggio Emilia.
Diversi i disegni che compongono vere sezioni nelle sezioni. Così il nucleo di opere di Giuseppe Maria Mitelli, estroso cronista della vita di ogni giorno. O le caricature di Giovan Maria Tamburini, frizzanti e ironiche. Poi i Busti di Imperatori tratti dal celebre ciclo mantovano di Tiziano da Bartolomeo Passerotti, artista poliedrico, disegnatore finissimo e cultore e collezionista di antichità.
Un posto particolare spetta ai Carracci e ai lori “ritratti al naturale” dalla tecnica esecutiva smaliziata, libera da ogni vincolo. Altrettanto straordinarie le Teste di carattere di Piazzetta, genere cui l’artista veneziano si applicò con molta fortuna.
Ma nella collezione avevano posto di rilievo un anche le curiosità esotiche. Raccontano di viaggi in territori lontani, ma anche di nuovi studi scientifici, di quel mondo di ricercatori che a Bologna trovò riferimento in Ulisse Aldrovandi. Infine gli animali, genere cui gli Estensi si dedicarono con particolare interesse collezionistico. Riunendo capolavori assoluti, primo fra tutti il celeberrimo Gambero disegnato dal Pamigianino.
A far da contorno a queste testimonianze “private” dei Duchi d’Este, il Palazzo Ducale voluto dai successori di Ferrante Gonzaga sul preesistente “Palazzo Nuovo” dei conti Torello. L’edificio, riaperto a conclusione di un complesso intervento di restauro, documenta una storia che trova avvio nel 1539, quando i Gonzaga assunsero la signoria di Guastalla con Ferrante, figlio terzogenito di Francesco II e di Isabella d’Este, famoso maresciallo di campo di Carlo V, duca di Ariano e principe di Molfetta. Il primo momento di splendore della residenza è ascrivibile alla signoria di Ferrante II che, in prossimità delle proprie nozze con Vittoria Doria, volle “abbellire Guastalla, e specialmente il Palazzo”, curandone la sua decorazione in modo che risultasse splendido. Il Palazzo era organizzato intorno al grande cortile centrale quadrato, tutto porticato, che, verso est immetteva nel “gran giardino”, mentre gli uffici erano prospicienti la strada Gonzaga, il teatro e le “sale per la conversazione” nell’ala nord, e i fronti sud e est del cortile ospitavano gli appartamenti e gli ambienti di servizio. Palazzo sovrano ancora nel Settecento, accresciuto nel tempo, gareggiava per dimensioni e struttura della Corte con Torino, Firenze, Modena, Parma, sedi delle ultime dinastie italiane. Dopo la morte dell’ultimo duca, Giuseppe Maria Gonzaga, cugino del duca di Modena Francesco III d’Este, alla metà del XVIII secolo, il Ducato passa ai Borbone, costituendo lo Stato di Parma, Piacenza e Guastalla. Nel 1896, il Palazzo Ducale venne acquistato dall’industriale Flavio Mossina che apportò all’immobile quelle modifiche che lo caratterizzano ancor oggi, frazionando gli spazi, e facendo decorare le antiche sale secondo lo stile Liberty allora in voga. Nel sovrapporsi di stili, gli ambienti ducali non persero la loro suggestione, tanto che Bernardo Bertolucci volle girare in questi ambienti indimenticabili scene di “Novecento – Atto I”.
Fra il 1997 ed il 1998, il Comune di Guastalla decise di acquisire la proprietà dell’immobile, facendone la sede del Museo della Città e, come intende testimoniare questa mostra, ora anche sede di importanti eventi espositivi.
Da Parmigianino a Piazzetta. Teste, animali e pensieri bizzarri nei disegni della Galleria Estense. Guastalla , Palazzo Ducale, 24 settembre – 4 dicembre. Mostra promossa dal Comune di Guastalla e dalla Soprintendenza per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantroplogici di Modena e Reggio Emilia. A cura di Giovanna Paolozzi Strozzi. Segreteria scientifica e cura del catalogo: Alessandra Bigi Iotti e Giulio Zavatta. Catalogo edito dal Comune di Guastalla con interventi di: Giovanna Paolozzi Strozzi, Nicoletta Giordani, Alessandra Bigi Iotti, Giulio Zavatta.
Orario
Mercoledì 9.30 – 12-30 e 15.30 – 19.00
Sabato e Domenica 9.30 – 19.00 continuato
Lunedì – Giorno di chiusura
Martedì – Giovedì – Venerdì – Apertura a chiamata
Ingresso intero 7.00 € Ingresso ridotto 4.00 €
Informazioni:
In collaborazione con:
Guastalla (RE) , Palazzo Ducale
Dal 24 settembre al 4 dicembre 2011
Comunicato stampa
Una collezione principesca nella dimora di un Duca: la Reggia di Ferrante Gonzaga a Guastalla, nel Reggiano, cui un lungo intervento di restauro ha restituito l’antica dignità, ospita una mostra che racconta una segreta passione di un’altra dinastia, quella degli Este, per il collezionismo di disegni. Due Case ducali, imparentate da secoli, che ebbero con Margherita, figlia di Alfonso III, il “Duca Cappuccino”, andata in sposa al duca Ferrante III di Guastalla, l’ultimo matrimonio Este – Gonzaga, nel 1648.
L’esposizione non propone dunque disegni “qualunque” bensì opere curiose, particolari, inconsuete, testimonianze d’eccezione di un gusto che esplose nelle Corti europee a partire dal Cinquecento e che ebbe nei Duchi d’Este collezionisti particolarmente attenti e qualificati.
Tutti i disegni provengono dalla Galleria Estense di Modena, città dove gli Este insediarono la loro corte dopo la Devoluzione della loro capitale, Ferrara, al Papato. Nella quasi totalità si tratta di opere mai sino ad oggi esposte al pubblico.
Il collezionismo ducale estense privilegiava, e non per questioni economiche ma per passione, quelli che un tempo potevano essere considerati semplici studi o prove d'artista, le opere più private, quindi. Gli Este mostrano di amare i generi, i personaggi più desueti ed esotici, ma anche i ritratti non aulici, lo schizzo di un volto reso nella sua naturalezza espressiva, la posa di un animale. Soggetti tutti profani, aspetto che rende ancora più rara la mostra.
Gli agenti estensi reperivano queste opere sul mercato e negli stessi studi degli artisti, contribuendo ad arricchire una collezione tra le più originali e ricche in Italia .
Già il titolo della mostra, “Da Parmigianino a Piazzetta” offre una precisa indicazione dell’ampiezza e dell’importanza della collezione di grafica della Galleria Estense.
A Guastalla, dal 24 settembre al 4 dicembre, ne viene presentata una selezione molto significativa (una settantina di opere) in una mostra curata da Giovanna Paolozzi Strozzi e promossa dal Comune di Guastalla e dalla Soprintendenza ai Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici di Modena e Reggio Emilia.
Diversi i disegni che compongono vere sezioni nelle sezioni. Così il nucleo di opere di Giuseppe Maria Mitelli, estroso cronista della vita di ogni giorno. O le caricature di Giovan Maria Tamburini, frizzanti e ironiche. Poi i Busti di Imperatori tratti dal celebre ciclo mantovano di Tiziano da Bartolomeo Passerotti, artista poliedrico, disegnatore finissimo e cultore e collezionista di antichità.
Un posto particolare spetta ai Carracci e ai lori “ritratti al naturale” dalla tecnica esecutiva smaliziata, libera da ogni vincolo. Altrettanto straordinarie le Teste di carattere di Piazzetta, genere cui l’artista veneziano si applicò con molta fortuna.
Ma nella collezione avevano posto di rilievo un anche le curiosità esotiche. Raccontano di viaggi in territori lontani, ma anche di nuovi studi scientifici, di quel mondo di ricercatori che a Bologna trovò riferimento in Ulisse Aldrovandi. Infine gli animali, genere cui gli Estensi si dedicarono con particolare interesse collezionistico. Riunendo capolavori assoluti, primo fra tutti il celeberrimo Gambero disegnato dal Pamigianino.
A far da contorno a queste testimonianze “private” dei Duchi d’Este, il Palazzo Ducale voluto dai successori di Ferrante Gonzaga sul preesistente “Palazzo Nuovo” dei conti Torello. L’edificio, riaperto a conclusione di un complesso intervento di restauro, documenta una storia che trova avvio nel 1539, quando i Gonzaga assunsero la signoria di Guastalla con Ferrante, figlio terzogenito di Francesco II e di Isabella d’Este, famoso maresciallo di campo di Carlo V, duca di Ariano e principe di Molfetta. Il primo momento di splendore della residenza è ascrivibile alla signoria di Ferrante II che, in prossimità delle proprie nozze con Vittoria Doria, volle “abbellire Guastalla, e specialmente il Palazzo”, curandone la sua decorazione in modo che risultasse splendido. Il Palazzo era organizzato intorno al grande cortile centrale quadrato, tutto porticato, che, verso est immetteva nel “gran giardino”, mentre gli uffici erano prospicienti la strada Gonzaga, il teatro e le “sale per la conversazione” nell’ala nord, e i fronti sud e est del cortile ospitavano gli appartamenti e gli ambienti di servizio. Palazzo sovrano ancora nel Settecento, accresciuto nel tempo, gareggiava per dimensioni e struttura della Corte con Torino, Firenze, Modena, Parma, sedi delle ultime dinastie italiane. Dopo la morte dell’ultimo duca, Giuseppe Maria Gonzaga, cugino del duca di Modena Francesco III d’Este, alla metà del XVIII secolo, il Ducato passa ai Borbone, costituendo lo Stato di Parma, Piacenza e Guastalla. Nel 1896, il Palazzo Ducale venne acquistato dall’industriale Flavio Mossina che apportò all’immobile quelle modifiche che lo caratterizzano ancor oggi, frazionando gli spazi, e facendo decorare le antiche sale secondo lo stile Liberty allora in voga. Nel sovrapporsi di stili, gli ambienti ducali non persero la loro suggestione, tanto che Bernardo Bertolucci volle girare in questi ambienti indimenticabili scene di “Novecento – Atto I”.
Fra il 1997 ed il 1998, il Comune di Guastalla decise di acquisire la proprietà dell’immobile, facendone la sede del Museo della Città e, come intende testimoniare questa mostra, ora anche sede di importanti eventi espositivi.
Da Parmigianino a Piazzetta. Teste, animali e pensieri bizzarri nei disegni della Galleria Estense. Guastalla , Palazzo Ducale, 24 settembre – 4 dicembre. Mostra promossa dal Comune di Guastalla e dalla Soprintendenza per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantroplogici di Modena e Reggio Emilia. A cura di Giovanna Paolozzi Strozzi. Segreteria scientifica e cura del catalogo: Alessandra Bigi Iotti e Giulio Zavatta. Catalogo edito dal Comune di Guastalla con interventi di: Giovanna Paolozzi Strozzi, Nicoletta Giordani, Alessandra Bigi Iotti, Giulio Zavatta.
Orario
Mercoledì 9.30 – 12-30 e 15.30 – 19.00
Sabato e Domenica 9.30 – 19.00 continuato
Lunedì – Giorno di chiusura
Martedì – Giovedì – Venerdì – Apertura a chiamata
Ingresso intero 7.00 € Ingresso ridotto 4.00 €
Informazioni:
UIT 0522/219812 - Ufficio Cultura - 0522/839757/60 - eventieculture@comune.guastalla.re.it
Ufficio stampa del Comune di Guastalla: Rita Bertazzoni – Tel. 0522/839762 r.bertazzoni@comune.guastalla.re.it
In collaborazione con:
Studio ESSECI, Sergio Campagnolo tel. 049.663499 info@studioesseci.net
martedì 7 giugno 2011
venerdì 3 giugno 2011
giovedì 2 giugno 2011
Rassegna stampa: il convegno di Veronella sul blog Veneto Notizie
domenica 29 maggio 2011
Le barchesse di Corte Grande, la Villa Serego a Veronella, un monumento che va strappato al degrado
il link per accedere a Veneto Notizie
http://venetonotizie.blogspot.com/2011/05/le-barchesse-di-corte-grande-la-villa.html
Le barchesse di Corte Grande, la Villa Serego a Veronella, un monumento che va strappato al degrado
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martedì 24 maggio 2011
Rassegna stampa: il convegno di Veronella su www.patrimoniosos.it
Palladio da salvare
Paola Bosaro
Veronella, i conti Serego e il Palladio. Tre nomi e tre temi che affascinano e stimolano la curiosità, e che potranno aprire nell'immediato futuro nuovi percorsi di ricerca storica, architettonica ed artistica nel Colognese. Grazie a recenti studi condotti da Giulio Zavatta, ricercatore dell'Università di Verona, è stato possibile attribuire senza tema di smentite ad Andrea Palladio il progetto e la realizzazione delle barchesse di Corte Grande, la maestosa villa dei conti Serego, situata in centro a Veronella. Non solo. Studiando documenti inediti e lettere cinquecentesche, lo stesso ricercatore ha scoperto che il celebre architetto padovano fu incaricato dai Serego di progettare anche il complesso della villa vera e propria, tuttavia il disegno non piacque ai committenti, e perciò non venne preso in considerazione. La dimora signorile, infatti, fu realizzata solo nel Settecento, senza seguire le indicazioni del Palladio. Di questi ed altri argomenti legati al territorio e al patrimonio storico della Cucca (così si chiamava Veronella fino ai primi del Novecento) si è discusso ieri, proprio nel paese dei Serego, in una gremita sala civica. Il convegno organizzato dall' associazione culturale Adige Nostro, in collaborazione con A regola d'arte e con il patrocinio dell'amministrazione comunale, si intitolava «La Cucca dei Serego: architetture palladiane, paesaggio ed arte». «L'attribuzione definitiva delle barchesse di Corte Grande al Palladio è una scoperta di notevole rilevanza», spiega il presidente di Adige Nostro Gianni Rigodanzo. «Abbiamo voluto inserire le ricerche di Zavatta in una tavola rotonda che comprendesse anche altri aspetti della formazione paesaggistica, storica ed artistica del Colognese. Al termine del convegno, tutti gli atti verranno pubblicati». Lo studioso Beppino Dal Cero ha presentato le interessanti scoperte archeologiche della zona, in primis nella necropoli di Desmontà, ai confini tra Veronella ed Albaredo. Ha dimostrato inoltre come la dislocazione attuale delle vie del paese abbia rispecchiato pressoché in toto la suddivisione agraria romana. Lo storico Marco Pasa ha illustrato gli interventi eseguiti nei secoli dai Serego per valorizzare, «addomesticare» e gestire il territorio. I Serego, infatti, furono una famiglia di imprenditori agricoli che avviarono vaste opere idrauliche per la bonifica, delle terre di Zerpa, tra cui la famosa botte Zerpana, opera attribuita al Palladio e ancor oggi in funzione. Il presidente del Centro studi Cardo di Cologna Guerrino Maccagnan, servendosi di fotografie e documenti, ha fatto un excursus sulla dinastia dei ricchi latifondisti veronellesi, soffermandosi sui rappresentanti più illustri, come Alberto di Serego, che nel 1532 ospitò nella sua corte l'imperatore Carlo V. La giovane ricercatrice Jessica. Soprana, invece, si è spostata con il suo intervento 15 chilometri più a sud, in un'altra villa dei conti Serego, a Beccacivetta di Coriano. Soprana ha analizzato in particolare il ciclo pittorico di Corte Ricca. Alla fine c'è stato il piatto forte del convegno, inerente la paternità palladiana dei magazzini della villa. Riferendosi agli studi di Giuseppe Biadego (1886) e di Anna Rinaldi Gruber (1972-'73), oltre che al fondo Serego della Biblioteca, civica. di Verona, Zavatta ha scoperto che il grande architetto alloggiò a Veronella nel maggio del 1565. Si recò dai Serego per sovrintendere alla costruzione delle capriate lignee che coprivano le barchesse, ancora oggi esistenti. Sempre ai Serego Palladio aveva presentato prima la pianta dell'intera struttura e quindi il progetto della facciata. Se per il primo progetto non ci fu problema, l'ipotesi della facciata trovò la resistenza dei committenti, probabilmente per il carattere innovativo del disegno palladiano, che dovette sconcertare i proprietari. Un ulteriore carteggio consultato dallo studioso dimostra che Palladio si difese dalle obiezioni mosse dai Serego: nonostante i tentativi dei Serego di ricontattare l'artista, Palladio non venne meno al suo progetto iniziale e imputò «alla scarsa cultura delle maestranze, che non erano in grado di intenderlo, il giudizio negativo sul suo disegno», ha spiegato Zavatta.
Un gioiello che rischia di sparire
Purtroppo, l'orgoglio dei veronellesi di avere nel centro del proprio paese le barchesse palladiane più estese oggi esistenti (30mila metri quadri) cozza contro le precarie condizioni in cui versa l'intera struttura di Corte Grande. Le barchesse hanno subito notevoli danni alla copertura negli ultimi tempi, a causa della scarsa manutenzione. L'anno scorso si è aperto un enorme squarcio nel tetto, all'incrocio tra i due bracci del fabbricato. Alcune arcate sono state murate, gran parte dei mattoni originali sono consunti e l'intonaco si sta sbriciolando. Tutto il complesso della villa versa in uno stato di totale abbandono, con pericolo di ulteriori crolli e danni irreparabili. Al convegno purtroppo non è potuta intervenire Carolina di Serego, che pure era attesa all'incontro. A lei comunque i ricercatori, l'amministrazione comunale e la comunità di Veronella hanno rivolto l'ennesimo appello per salvare un patrimonio storico ed artistico di notevole importanza che rischia di scomparire. In particolare a sollevare l'appello è stata la voce del presidente del centro studi Cardo Guerrino Maccagnan. La struttura di Corte Grande fu realizzata intorno al 1000 e probabilmente costituiva la sede del feudo vescovile di Cucca. Passò quindi agli Scaligeri e a fine Trecento divenne proprietà dei contio Serego. L'epoca di maggior splendore è il 1500, quando i Serego stabilirono a Corte Grande Ila sede principale degli affari, degli incontri 3la gestione dei territori circostanti. Altro momento di splendore fu nel 1700, quando fu abbattuta la torre medievale e il complesso assunse la struttura attuale.
http://www.patrimoniosos.it/rsol.php?op=getarticle&id=85701
Paola Bosaro
Veronella, i conti Serego e il Palladio. Tre nomi e tre temi che affascinano e stimolano la curiosità, e che potranno aprire nell'immediato futuro nuovi percorsi di ricerca storica, architettonica ed artistica nel Colognese. Grazie a recenti studi condotti da Giulio Zavatta, ricercatore dell'Università di Verona, è stato possibile attribuire senza tema di smentite ad Andrea Palladio il progetto e la realizzazione delle barchesse di Corte Grande, la maestosa villa dei conti Serego, situata in centro a Veronella. Non solo. Studiando documenti inediti e lettere cinquecentesche, lo stesso ricercatore ha scoperto che il celebre architetto padovano fu incaricato dai Serego di progettare anche il complesso della villa vera e propria, tuttavia il disegno non piacque ai committenti, e perciò non venne preso in considerazione. La dimora signorile, infatti, fu realizzata solo nel Settecento, senza seguire le indicazioni del Palladio. Di questi ed altri argomenti legati al territorio e al patrimonio storico della Cucca (così si chiamava Veronella fino ai primi del Novecento) si è discusso ieri, proprio nel paese dei Serego, in una gremita sala civica. Il convegno organizzato dall' associazione culturale Adige Nostro, in collaborazione con A regola d'arte e con il patrocinio dell'amministrazione comunale, si intitolava «La Cucca dei Serego: architetture palladiane, paesaggio ed arte». «L'attribuzione definitiva delle barchesse di Corte Grande al Palladio è una scoperta di notevole rilevanza», spiega il presidente di Adige Nostro Gianni Rigodanzo. «Abbiamo voluto inserire le ricerche di Zavatta in una tavola rotonda che comprendesse anche altri aspetti della formazione paesaggistica, storica ed artistica del Colognese. Al termine del convegno, tutti gli atti verranno pubblicati». Lo studioso Beppino Dal Cero ha presentato le interessanti scoperte archeologiche della zona, in primis nella necropoli di Desmontà, ai confini tra Veronella ed Albaredo. Ha dimostrato inoltre come la dislocazione attuale delle vie del paese abbia rispecchiato pressoché in toto la suddivisione agraria romana. Lo storico Marco Pasa ha illustrato gli interventi eseguiti nei secoli dai Serego per valorizzare, «addomesticare» e gestire il territorio. I Serego, infatti, furono una famiglia di imprenditori agricoli che avviarono vaste opere idrauliche per la bonifica, delle terre di Zerpa, tra cui la famosa botte Zerpana, opera attribuita al Palladio e ancor oggi in funzione. Il presidente del Centro studi Cardo di Cologna Guerrino Maccagnan, servendosi di fotografie e documenti, ha fatto un excursus sulla dinastia dei ricchi latifondisti veronellesi, soffermandosi sui rappresentanti più illustri, come Alberto di Serego, che nel 1532 ospitò nella sua corte l'imperatore Carlo V. La giovane ricercatrice Jessica. Soprana, invece, si è spostata con il suo intervento 15 chilometri più a sud, in un'altra villa dei conti Serego, a Beccacivetta di Coriano. Soprana ha analizzato in particolare il ciclo pittorico di Corte Ricca. Alla fine c'è stato il piatto forte del convegno, inerente la paternità palladiana dei magazzini della villa. Riferendosi agli studi di Giuseppe Biadego (1886) e di Anna Rinaldi Gruber (1972-'73), oltre che al fondo Serego della Biblioteca, civica. di Verona, Zavatta ha scoperto che il grande architetto alloggiò a Veronella nel maggio del 1565. Si recò dai Serego per sovrintendere alla costruzione delle capriate lignee che coprivano le barchesse, ancora oggi esistenti. Sempre ai Serego Palladio aveva presentato prima la pianta dell'intera struttura e quindi il progetto della facciata. Se per il primo progetto non ci fu problema, l'ipotesi della facciata trovò la resistenza dei committenti, probabilmente per il carattere innovativo del disegno palladiano, che dovette sconcertare i proprietari. Un ulteriore carteggio consultato dallo studioso dimostra che Palladio si difese dalle obiezioni mosse dai Serego: nonostante i tentativi dei Serego di ricontattare l'artista, Palladio non venne meno al suo progetto iniziale e imputò «alla scarsa cultura delle maestranze, che non erano in grado di intenderlo, il giudizio negativo sul suo disegno», ha spiegato Zavatta.
Un gioiello che rischia di sparire
Purtroppo, l'orgoglio dei veronellesi di avere nel centro del proprio paese le barchesse palladiane più estese oggi esistenti (30mila metri quadri) cozza contro le precarie condizioni in cui versa l'intera struttura di Corte Grande. Le barchesse hanno subito notevoli danni alla copertura negli ultimi tempi, a causa della scarsa manutenzione. L'anno scorso si è aperto un enorme squarcio nel tetto, all'incrocio tra i due bracci del fabbricato. Alcune arcate sono state murate, gran parte dei mattoni originali sono consunti e l'intonaco si sta sbriciolando. Tutto il complesso della villa versa in uno stato di totale abbandono, con pericolo di ulteriori crolli e danni irreparabili. Al convegno purtroppo non è potuta intervenire Carolina di Serego, che pure era attesa all'incontro. A lei comunque i ricercatori, l'amministrazione comunale e la comunità di Veronella hanno rivolto l'ennesimo appello per salvare un patrimonio storico ed artistico di notevole importanza che rischia di scomparire. In particolare a sollevare l'appello è stata la voce del presidente del centro studi Cardo Guerrino Maccagnan. La struttura di Corte Grande fu realizzata intorno al 1000 e probabilmente costituiva la sede del feudo vescovile di Cucca. Passò quindi agli Scaligeri e a fine Trecento divenne proprietà dei contio Serego. L'epoca di maggior splendore è il 1500, quando i Serego stabilirono a Corte Grande Ila sede principale degli affari, degli incontri 3la gestione dei territori circostanti. Altro momento di splendore fu nel 1700, quando fu abbattuta la torre medievale e il complesso assunse la struttura attuale.
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Rassegna stampa: il convegno di Veronella su l'Arena di Verona online e sul Giornale dell'Arte
PALLADIO DA SALVARE
ARCHITETTURA. Un convegno organizzato da Adige Nostro e in collaborazione con A Regola d'Arte ha spiegato l'attribuzione del complesso all'artista padovano Le barchesse di Corte Grande, la Villa Serego a Veronella,
un monumento che va strappato al degrado
22/05/2011 Veronella, i conti Serego e il Palladio. Tre nomi e tre temi che affascinano e stimolano la curiosità, e che potranno aprire nell'immediato futuro nuovi percorsi di ricerca storica, architettonica ed artistica nel Colognese.
Grazie a recenti studi condotti da Giulio Zavatta, ricercatore dell'Università di Verona, è stato possibile attribuire senza tema di smentite ad Andrea Palladio il progetto e la realizzazione delle barchesse di Corte Grande, la maestosa villa dei conti Serego, situata in centro a Veronella. Non solo. Studiando documenti inediti e lettere cinquecentesche, lo stesso ricercatore ha scoperto che il celebre architetto padovano fu incaricato dai Serego di progettare anche il complesso della villa vera e propria, tuttavia il disegno non piacque ai committenti, e perciò non venne preso in considerazione. La dimora signorile, infatti, fu realizzata solo nel Settecento, senza seguire le indicazioni del Palladio.
Di questi ed altri argomenti legati al territorio e al patrimonio storico della Cucca (così si chiamava Veronella fino ai primi del Novecento) si è discusso ieri, proprio nel paese dei Serego, in una gremita sala civica. Il convegno organizzato dall'associazione culturale Adige Nostro, in collaborazione con A regola d'arte e con il patrocinio dell'amministrazione comunale, si intitolava «La Cucca dei Serego: architetture palladiane, paesaggio ed arte».
«L'attribuzione definitiva delle barchesse di Corte Grande al Palladio è una scoperta di notevole rilevanza», spiega il presidente di Adige Nostro Gianni Rigodanzo. «Abbiamo voluto inserire le ricerche di Zavatta in una tavola rotonda che comprendesse anche altri aspetti della formazione paesaggistica, storica ed artistica del Colognese. Al termine del convegno, tutti gli atti verranno pubblicati».
Lo studioso Beppino Dal Cero ha presentato le interessanti scoperte archeologiche della zona, in primis nella necropoli di Desmontà, ai confini tra Veronella ed Albaredo. Ha dimostrato inoltre come la dislocazione attuale delle vie del paese abbia rispecchiato pressoché in toto la suddivisione agraria romana. Lo storico Marco Pasa ha illustrato gli interventi eseguiti nei secoli dai Serego per valorizzare, «addomesticare» e gestire il territorio. I Serego, infatti, furono una famiglia di imprenditori agricoli che avviarono vaste opere idrauliche per la bonifica delle terre di Zerpa, tra cui la famosa botte Zerpana, opera attribuita al Palladio e ancor oggi in funzione.
Il presidente del Centro studi Cardo di Cologna Guerrino Maccagnan, servendosi di fotografie e documenti, ha fatto un excursus sulla dinastia dei ricchi latifondisti veronellesi, soffermandosi sui rappresentanti più illustri, come Alberto di Serego, che nel 1532 ospitò nella sua corte l'imperatore Carlo V. La giovane ricercatrice Jessica Soprana, invece, si è spostata con il suo intervento 15 chilometri più a sud, in un'altra villa dei conti Serego, a Beccacivetta di Coriano. Soprana ha analizzato in particolare il ciclo pittorico di Corte Ricca.
Alla fine c'è stato il piatto forte del convegno, inerente la paternità palladiana dei magazzini della villa. Riferendosi agli studi di Giuseppe Biadego (1886) e di Anna Rinaldi Gruber (1972-'73), oltre che al fondo Serego della Biblioteca civica di Verona, Zavatta ha scoperto che il grande architetto alloggiò a Veronella nel maggio del 1565. Si recò dai Serego per sovrintendere alla costruzione delle capriate lignee che coprivano le barchesse, ancora oggi esistenti. Sempre ai Serego Palladio aveva presentato prima la pianta dell'intera struttura e quindi il progetto della facciata. Se per il primo progetto non ci fu problema, l'ipotesi della facciata trovò la resistenza dei committenti, probabilmente per il carattere innovativo del disegno palladiano, che dovette sconcertare i proprietari. Un ulteriore carteggio consultato dallo studioso dimostra che Palladio si difese dalle obiezioni mosse dai Serego: nonostante i tentativi dei Serego di ricontattare l'artista, Palladio non venne meno al suo progetto iniziale e imputò «alla scarsa cultura delle maestranze, che non erano in grado di intenderlo, il giudizio negativo sul suo disegno», ha spiegato Zavatta.
Paola Bosaro
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