martedì 13 marzo 2012

Nuovo museo di Italo Rota. Dalla Gazzetta di Reggio del 9 marzo.

Dal sito gazzettadireggio.it

«Perché rovinare il museo dei bambini?»
Margherita Sani, dell’Istituto regionale Beni culturali, cita Rota: «Oggetti traumatici per entrare nel mondo conoscitivo»
Chi non si ricorda la prima volta che, in fila per due, rigorosamente accompagnati dalla maestra, è entrato nel magico mondo dei Musei Civici per scoprirne segreti e misteri? All’interno del confronto che si è aperto sul futuro dei Musei reggiani interviene ora Margherita Sani dell’Istituto per i Beni artistici e culturali della Regione Emilia Romagna. Ebbene, Margherita Sani si sofferma proprio sul binomio bambini-musei rivolgendosi espressamente all’assesssore comunale alla Scuola, Iuna Sassi.
«Sono tra i firmatari della lettera aperta al sindaco Delrio - così esordisce Margherita Sani - e autenticamente interessata a capire qualcosa di più sul progetto Rota per i musei di Reggio Emilia. Ho perciò visionato con molta attenzione la videoconferenza del 2010 nella quale l’Architetto illustra il suo intervento http://www.giugennacom/2010/07/06/il-miserabile-intervista-italo-rota/ (si parla di Reggio Emilia a partire dal 35° minuto). Pochi giorni fa l’Architetto si è detto disponibile a un confronto con persone informate rimandando al blog di cui sopra. Ritengo perciò, per quanto mi è possibile, di essermi informata». «Molte delle soluzioni proposte - prosegue - mi suscitano dubbi e perplessità, ma in particolare sono rimasta colpita dalla descrizione dello spazio previsto per i bambini. Cito alla lettera: “Questa, per esempio, è la zona dedicata ai bambini, si chiama visita al museo. E’ un luogo tutto fatto con oggetti che vengono dall’ospedale e i bambini analizzano gli oggetti. Penso che c’è bisogno anche di oggetti traumatici per entrare nel mondo della conoscenza…” e il rendering riporta l’immagine un po’ inquietante di un bambino su quello che sembra essere un lettino d’ospedale sovrastato da numerosi video con riproduzioni di oggetti del museo. Ho due figli, di 19 e 15 anni. Entrambi hanno frequentato gli asili nido e le scuole dell’infanzia di Reggio Emilia. Entrambi sono stati assidui frequentatori del museo fin dalla più piccola età, grazie ai laboratori organizzati anche nei periodi festivi ed estivi. In tutti e due i casi mi sono trovata a fruire di servizi educativi e culturali di altissima qualità e per i quali mi sento grata agli operatori e all’Amministrazione. E dunque, ascoltando le parole con cui l’Architetto Rota descrive lo spazio per i bambini del futuro museo, avverto uno scarto non piccolo rispetto a quelli che sono abituata a considerare i servizi per l’infanzia della nostra città e non posso non chiedermi: cosa pensa di questo spazio il personale che al museo si occupa della didattica? E quali potrebbero essere i commenti dei pedagogisti e dei rappresentanti di Reggio Children, che l’Architetto cita come eccellenza locale e che vorrebbe affiancare in mostra alla Venere di Chiozza? Cosa intende Rota quando parla del suo come di un “metodo pedagogico”? Anche sulle finalità e l’impostazione dello spazio per i più piccoli, che potrebbe sembrare un dettaglio, ma che è forse indicativo di un modo più generale di considerare il rapporto con il visitatore, piccolo o grande che sia, credo sarebbe utile ottenere qualche chiarimento in più».
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09 marzo 2012